Il Consiglio di Stato bacchetta il Ministero della Salute e boccia il Decreto 70 del 2015



 Il Consiglio di Stato ha giudicato “non supportato da idonea motivazione e istruttoria, risolvendosi dunque in un’ingiustificata compressione del diritto alla salute” la determinazione dei posti letto di alta specialitá fatta dal Ministero della Salute con il Decreto n 70 del 2015.. La sentenza del Consiglio di Stato conclude un iter amministrativo avviato dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS, prima  presso il TAR del Lazio e poi  presso il Consiglio di Stato, che  ha stabilito che il calcolo del fabbisogno di posti letto di neuroriabilitazione di alta specialità in Italia vada rivisto  per meglio conciliare i bisogni di salute in questo settore della medicina con le risorse disponibili

Sonora mazzata per il Minsalute e per i suoi consulenti/suggeritori di oltre Rubicone , nonché di oltre Tevere, che peraltro manifesta come l’iniziativa, in questo ambito, sia spesso lasciata a qualche privato ed a occasionali frequentatori degli ambienti che contano, in una totale o quasi assenza delle associazioni scientifiche del settore riabilitativo.

Tutto questo accade mentre si discute di Appropriatezza in Riabilitazione, sulla base dei suggerimenti degli stessi soloni, antichi frequentatori dei corridoi ministeriali.

Sarebbe troppo aspettarsi qualcosa di piú da tutti?

alcuni links

corriere.it

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 385 del 2018, proposto da 
Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

contro

Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Fondazione Santa Lucia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento 11; 

per la riforma

della sentenza resa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. III quater n. 7006/2017, non notificata, con la quale era annullato il d.m. salute n. 70 del 2 aprile 2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e qualitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, nella parte in cui stabilisce “il numero dei posti letto di neuro riabilitazione entro un limite di 0,02 posti letto per mille abitanti”;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Fondazione Santa Lucia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti l’Avvocato Gianluigi Pellegrino e l’Avvocato dello Stato Marina Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in appello indicato in epigrafe, il Ministero della salute censura la sentenza di prime cure, che ha concluso per la fondatezza del ricorso di primo grado proposto dall’Istituto di ricovero e cura Fondazione Santa Lucia, ritenendo incoerente con l’istruttoria ed irragionevole lo standard fissato per la Regione Lazio di 0,02 per mille abitanti, in quanto erroneamente il giudice di prime cure avrebbe raffrontato il dato con quello delle singole regioni e non – come, al contrario, sarebbe corretto, secondo l’Amministrazione appellante – con quello della media del dato reale preesistente nelle regioni non deficitarie. In particolare, l’Amministrazione evidenzia come il dato della Regione Lazio sarebbe emblematico di distorsioni ed inefficienze del sistema nazionale, con la conseguente necessità di un correttivo che garantisca il contenimento della spesa pubblica e l’ottimale ridistribuzione delle risorse disponibili. La sentenza di primo grado non avrebbe considerato quanto evidenziato dal Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro della Regione Lazio n. 200/2015, che aveva posto in luce come “L’offerta regionale di posti letto di riabilitazione post-acuzie risulta complessivamente pari a 0,54 per 1.000 abitanti…Per il calcolo del fabbisogno dei posti letto per i tre codici di disciplina (28,75 e 56) si è fatto riferimento al valore medio osservato nelle otto regioni italiane non in piano di rientro (tabella 3). Il valore medio del rapporto di P.I.(fonte NSIS 2013) sulla popolazione residente (fonte ISTAT al 31 dicembre 2013) in questo pool di regioni è stato applicato alla popolazione residente del Lazio. Per il codice 28 si osserva una carenza di posti letto di 25 unità mentre per il codice 75 e 56 si osserva un eccesso di offerta, rispettivamente pari a 1999 e 417 posti letto”.

Con il d.m. in contestazione si sarebbe inteso dare attuazione alla disposizione legislativa introdotta dal d.l. 95 del 2012, conv. in l. n. 135 del 2012, richiamato nel preambolo che ha introdotto tagli lineari destinati al recupero di risorse. 

Conseguentemente, assume il Ministero, che il dato medio nazionale (pari allo 0,04 per mille) non poteva essere assunto tout court dal Ministero, come modello unico per tutte le Regioni, ma doveva essere rielaborato per tenere in considerazione i fattori di correzione in ragione delle caratteristiche delle realtà regionali. 

Peraltro, i contenuti tecnici del d.m. n. 70 del 2015 erano condivisi dall’intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato- Regioni.

Ancora, il d.m. – per il profilo di interesse – sarebbe altresì, coerente con la media dell’offerta dei posti letto neuro-riabilitazione (codice 75) delle Regioni non in Piano di Rientro che si attesta sullo 0.031.

Si è costituito per resistere l’Istituto Santa Lucia – istituto di ricovero e cura ad alta specialità neuro riabilitativa di rilievo nazionale, accreditato con il SSR per 325 posti letto di alta specialità neuro riabilitativa per la cura dei pazienti affetti da patologie neurologiche e rispondenti ai requisiti di cui al d.m. 29 gennaio 1992 – ribadendo che non viene in contestazione la discrezionalità dell’amministrazione nelle scelte di programmazione, ma solo la limitazione a 0,02 posti letto per mille abitanti nella Regione Lazio, nell’ambito del limite di 0,7 fissato per la riabilitazione e la lungodegenza post acuzie, che la ricorrente non intende censurare. 

Contro deduce, dunque, l’IRCCS che:

– il Ministero non avrebbe prodotto alcuna documentazione relativa all’istruttoria svolta a supporto della determinazione;

– che lo standard di 0,02 è al di sotto di quello fissato per le altre regioni;

– che la dotazione di 0,02 per il Lazio corrisponde a soli 120 posti a fronte dei posti letto della ricorrente che già da soli sarebbero di numero di gran lunga superiore (325);

– la mancata considerazione dei dati relativi all’effettivo fabbisogno, come risultante dal Rapporto annuale dell’attività di riabilitazione per MDC, da cui emergerebbe che già nel 2013 le giornate di degenza per MDC 01 – malattie e disturbi del sistema nervoso – fossero pari al 36.38% del totale delle giornate di degenza per le attività di riabilitazione in regime ordinario e corrispondenti posti letto per riabilitazione;

– dai dati forniti dalle società scientifiche di neurologia emergerebbe inoltre che il 35% dei pazienti alla dimissione dal reparto acuti ha necessità di riabilitazione specialistica, cosicché già nel 2016 il 13,02% dei posti letto a livello nazionale dovrebbe essere adibito all’alta specialità neuro riabilitativa (dato questo che sarebbe anche sottostimato in quanto comprensivo delle riabilitazioni per pazienti colpiti da paratetraplegie);

– siffatti considerazioni condurrebbero a stimare una necessità di standard di 0,5 per mille abitanti per posti letto per riabilitazione + 0,2 per lungodegenza ed all’individuazione di uno standard di 0,6 per l’alta specialità neuro riabilitativa;

– mancherebbe, inoltre, la valutazione dell’incidenza dei costi in termini assistenziali, di pensioni di invalidità ed indennità di accompagnamento conseguenti alla mancanza di adeguata riabilitazione.

Sul punto replica l’Amministrazione precisando la non riconducibilità alle gravi cerebro lesioni acquisite (CGA) delle patologie di cui parte resistente in appello invoca la crescita (ictus cerebrale, sclerosi, parkinson e alzheimer). Il d.m. 29 gennaio 1992 recante la definizione delle attività ospedaliere di alta specialità, riprese nelle Linee Guida per la Riabilitazione del 1998 e del Piano Nazionale di indirizzo per la riabilitazione approvato con l’Accordo Stato-Regioni rep. 30/CSR del 10 febbraio 2011 prevede tra le attività di riabilitazione intensiva ad alta specializzazione le Unità per le gravi cerebrolesioni acquisite (UGCA); sicché non sarebbe corretto affidare la censura delle carenze di posti letto codice 75 le necessità assistenziali dei pazienti non riconducibili a GCA.

Il d.m. n. 70 del 2015 censurato opererebbe, di contro, proprio una promozione dell’appropriatezza organizzativa e un dimensionamento delle diverse discipline in dipendenza del bacino di utenza.

Il Ministero appellante, dunque, contesta il fatto che i dati forniti dall’Istituto appellato sarebbero dati aggregati: nella riabilitazione relativa alla MDC (malattie del sistema nervoso) il maggior numero di ricoveri sarebbe stato erogato da strutture con codice 56 (producendo l’80% sarebbe delle dimissioni nel triennio), mentre solo il 20% sarebbe riconducibile a prestazioni con codice 75; ciò condurrebbe al coefficiente di 0,02 per mille abitanti senza valutare l’appropriatezza della classificazione.

Ciò risulterebbe considerato in occasione dell’Intesa Stato-Regioni siglata il 2 luglio 2015, concernente la razionalizzazione della spesa sanitaria con riferimento proprio alla riduzione dei ricoveri di riabilitazione ad alto rischio di inappropriatezza. 

Con ordinanza collegiale 3754/2018 del 7 giugno 2018 era disposta istruttoria al fine acquisire una dettagliata relazione da parte dell’Amministrazione in ordine ai criteri che hanno condotto alla riduzione in argomento, anche e con specifico riguardo alla delimitazione delle prestazioni riconducibili al codice 75, nonché con riferimento a quali siano stati gli apporti regionali in sede di Protocollo d’intesa Stato – Regione, sopra richiamato, ed infine in ordine alla posizione di eventuali controinteressati.

A seguito dell’adempimento istruttorio da parte dell’Amministrazione, di ulteriore produzione da parte dell’Istituto appellato e al deposito di memorie in vista dell’udienza di discussione, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 14 febbraio 2019.

DIRITTO

I – Con l’ordinanza istruttoria n. 3754/2018, il Collegio ha già avuto modo di precisare che la questione controversa relativa alla delimitazione dei posti letto per neuro riabilitazione, operata nel decreto impugnato, si incentra sulla esatta definizione – nell’ambito delle prestazioni a carico del servizio sanitario – della neuro-riabilitazione ad alta specialità-riconducibile al codice 75.

Il drastico contenimento, nell’ambito della riabilitazione in generale, dei posti letto adibiti alle prestazioni ad alta specializzazione è dovuta alla contrazione degli stessi con il riconoscimento del predetto codice a solo talune patologie – come di seguito precisate – sicché un maggiore numero di posti letto si paleserebbe inappropriato secondo gli standard di efficienza della media regionale. 

Ciò che viene contestato dall’IRCCS è, di contro, proprio la restrizione dell’ambito di applicabilità del codice 75, alla luce anche degli orientamenti della giurisprudenza a riguardo, nonché delle evidenze scientifiche in tema di efficacia terapeutica, che manifesterebbero una carenza di istruttoria e di motivazione della scelta operata dall’Amministrazione. 

In particolare, dunque, si controverte – come diffusamente già rappresentato nella citata ordinanza istruttoria – del raffronto tra neuro-riabilitazione ad alta specialità (cod. 75) e riabilitazione intensiva (cod. 56), 

La neuro-riabilitazione ad alta specialità-codice 75 risulta – salvo quanto di seguito dedotto dal Ministero appellante – destinata all’assistenza di pazienti con postumi di gravi cerebrolesioni, ivi comprese le forme degenerative complesse e le complicanze a carico del SNC in corso di malattie neoplastiche e metaboliche.

Gli interventi di neuro-riabilitazione sono focalizzati alla definitiva stabilizzazione internistica, al ripristino dell’autonomia nelle funzioni vitali di base e al trattamento delle principali menomazioni invalidanti. 

Il ricovero in cod.75 comporta, dunque, l’assistenza medica e infermieristica dedicata, nell’arco delle 24 ore, e gli interventi riabilitativi intensivi omnicomprensivi. 

Vale evidenziare che la questione in esame ha già formato oggetto di approfondimento da parte di questa Sezione; infatti, con sentenza n. 4028/2017, era confermata la pronunzia n. 5261/2015, nella parte in cui annullava le disposizioni del d.c.a. n.40/2012, che, facendo riferimento anche al precedente d.c.a. n.16/2008, di fatto, avevano escluso alcune gravi cerebropatie dall’erogazione delle prestazioni neuro riabilitative di alta specialità, cod. 75.

Con le disposizioni in questione il Commissario, in particolare, prevedeva che Laziosanità – ASP avrebbe dovuto, tra l’altro, “procedere alla verifica analitica del rispetto dei criteri di accesso alle prestazioni di riabilitazione post acuzie, in coerenza con le disposizioni legislative regionali (DGR n.206 del 16.4.2007, DCA 5 settembre 2008 n. 16)”. Il Tribunale del Lazio annullava, nel 2015, queste limitazioni per violazione di legge ed eccesso di potere, richiamando proprie precedenti pronunce di annullamento di analoghi precedenti decreti commissariali (n.90/2010 e n.8/2011), recanti analoghe limitazioni alle prestazioni cod.75 introdotte nei confronti di gravi patologie neurologiche (quali quelle neurodegenerative e gli esiti di ictus). La Sezione riteneva, infatti, in quella sede, che la Regione non avesse rappresentato “né dato conto in qualche modo del fatto che disposizioni di analogo contenuto, inserite in precedenti provvedimenti commissariali, siano state già annullate dal giudice amministrativo con più sentenze passate in giudicato”. 

Si evidenziava, dunque, che “la impugnata disposizione del DCA n. 40/2012 dispone che la verifica analitica del rispetto dei criteri di accesso alle prestazioni di riabilitazione avvenga “in coerenza” con le disposizioni dettate nel proprio precedente DCA n.16/2008, che (nello stabilire i criteri di accesso alla Unità di Neuro riabilitazione ad alta specialità cod.75) ne aveva limitato l’accesso ai soli casi di pazienti in condizioni molto gravi, cioè con indice di Barthel (scala dell’autosufficienza) inferiore a 25, cioè in situazione di totale dipendenza nelle attività quotidiane e di cura della persona. 

2.6.1. Ma (come rilevato nella sentenza appellata e confermato dalla relazione dell’Avvocatura regionale) questo criterio è stato annullato con sentenza n.207/2014 del TAR Lazio, che (accogliendo precedente ricorso della stessa Fondazione Santa Lucia) ha ritenuto illogico escludere dalle terapie del cod.75 pazienti che, pur avendo un indice Barthel tra 25 e 50, tuttavia erano portatori di patologie comunque molto gravi, che in precedenza erano state trattate nella Unità di neuro riabilitazione ad alta specialità cod.75. 

2.6.2. Inoltre, a sostegno dell’annullamento della disposizione limitativa in questione, il TAR Lazio correttamente richiama il proprio precedente n. 8937/2011, che ha annullato per carenza di istruttoria e di motivazione analoghe limitazioni introdotte nei DCA n.90/2010 e n.8/2011, ritenendo la censurata riduzione illegittima per contrasto con le finalità del Patto per la Salute 2010- 2012, nonché affetta da illogicità manifesta, laddove comportava la differenziazione del livello di terapia neuro riabilitativa erogabile tra i pazienti, che abbiano presentato nello stadio iniziale della patologia un coma grave, ammessi alla terapia di alta specialità, cod.75, e quelli affetti da ictus cerebrale e da patologie degenerative (quali sclerosi multipla e Parkinson), ammessi, invece, solo a prestazioni di neuro riabilitazione di specializzazione ordinaria, cod 56, meno costosa .

2.6.3. Pertanto correttamente il TAR Lazio con la sentenza appellata, preso atto dell’intervenuto annullamento del criterio fissato dal DCA n.16/2008 (nonché dagli analoghi provvedimenti successivi) ha annullato la neo introdotta limitazione per eccesso di potere ed illegittimità derivata, posto che la dichiarata illegittimità dei richiamati criteri di verifica, stabiliti nel DCA n.16/2008, comporta l’illegittimità in via derivata delle (censurate) disposizioni del DCA n.40/2012, che ne prevedono l’applicazione” . 

Sicché era confermata la sentenza del primo giudice, laddove annullava la limitazione all’accesso alle prestazioni cod .75, e che affermava, in punto di fatto, nelle procedure di controllo analitico eseguite da Laziosanità – ASP non possono essere ritenute inappropriate le prestazioni di neuro riabilitazione di alta specialità cod. 75, ove erogate a pazienti che, pur se colpiti da ictus o da gravi patologie neurologiche degenerative, abbiano un indice di Barthel superiore a 25.

Infine richiamava i precedenti dello stesso giudice che, annullate le analoghe disposizioni inserite nel d.c.a. n. 90/2010, rilevava, altresì, che l’illegittimità delle (analoghe) disposizioni limitative all’accesso alle terapie cod. 75, nell’ambito dei d.c.a. n. 90/2010 e n. 8/2011 per illegittimità della conseguente individuazione di un ridotto fabbisogno di corrispondenti posti letto, “non risultando giustificata la possibilità di indirizzo dei pazienti prima trattati con alta specialità in differenti strutture” (TAR Lazio, n.89 37/2011).

Va, di contro, rilevato che, a livello statale, l’art. 1 del d. m. n. 70/2015 – oggetto in parte qua di gravame e di cui il Ministero appellante invoca la coerenza – ha pure stabilito che “le regioni provvedono entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto ad adottare il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione di posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del SSR”, indicando le relative percentuali di riduzione per la riabilitazione e la lungodegenza post acuzie, nonché i relativi provvedimenti attuativi.

Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della disposizione si è espressa questa Sezione (n. 591/2017) evidenziando che “sulla possibilità che l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni incontri limiti nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario alla luce degli obiettivi della finanza pubblica – cui risponde la norma della Legge Finanziaria del 2005 dettata dall’art. 1, comma 169 della l. n. 311 del 2004 – una recente sentenza della Corte Costituzionale fa riferimento alle precedenti sentenze n. 79/2013, 91/2012 e 193/2007 che richiamano il detto principio, (Corte Costituzionale, 5 maggio 2014, n. 110)”.

Ha, altresì, precisato che “Emerge infatti dalla lettura delle premesse del Regolamento che i parametri, o criteri che dir si voglia, per la riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del SSR sono indicati dall’art. 15, comma 13 lett. c) del d.l. n. 95 del 2012, stante il quale: “sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all’assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La riduzione dei posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse. Nelle singole regioni e province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai sensi dell’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Nell’ambito del processo di riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati in più sedi, e promuovono l’ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l’assistenza residenziale e domiciliare”.

Ancora una volta le percentuali di riduzione dei posti letto, peraltro anche a carico delle strutture pubbliche, è dunque recata dalla stessa legge, sicché sostenere che il Regolamento, nel momento in cui le ha meramente riprodotte, all’art. 1 comma 2, sarebbe sprovvisto della indicazione dei criteri e dei motivi per cui ha indicato le stesse percentuali stabilite dalla legge nazionale è perciò illegittimo per difetto di motivazione e di istruttoria pare proprio non possa essere condiviso, con conseguente reiezione anche di tale ulteriore profilo dei motivi”.

Sulla base di tale decreto è stato dunque emanato il decreto del Commissario ad acta 5 luglio 2017, n. U00257 di Attuazione Programma Operativo di cui al Decreto del Commissario ad acta n. U00052/2017. Adozione del Documento Tecnico denominato: “Programmazione della rete ospedaliera nel biennio 2017-2018, in conformità agli standard previsti nel DM 70/2015” (Ddalla memoria depositata in atti in data 9 gennaio 2019, risulta peraltro, che sono stati gravati anche gli atti applicativi).

Risulterebbe secondo l’Amministrazione, peraltro confermato che il decreto dispone la necessità di riduzione rispetto ai parametri relativi ai posti letto esistenti al momento (4,0 p.l. per mille abitanti di cui 0,7 p.l. per le discipline di lungodegenza e riabilitazione post-acuzie) per rendere i medesimi dati coerenti con la riduzione al 3,7 e che tale riduzione ha formato oggetto dell’Intesa stato – Regioni del 2 luglio 2015.

Ed, infatti, la difesa dell’Amministrazione si attesta proprio sul tentativo di dimostrare come al cod. 75 vadano ricondotte soltanto alcune prestazioni relative alle gravi cerebrolesioni acquisite.

Va sin d’ora precisato, tuttavia, che la Corte costituzionale (sent. n. 183 del 2016) ha evidenziato come l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012 fissa un generale obiettivo di riduzione della spesa relativa all’«acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera», precisando che la riduzione è «determinata dalla Regione». 

Tale disposizione, dunque, può considerarsi espressione di un principio fondamentale in materia di «coordinamento della finanza pubblica», poiché riguarda «non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente» (ex plurimis, sentenze n. 218 e n. 153 del 2015, n. 289 del 2013, n. 69 del 2011) e lascia «ciascuna Regione […] libera di darvi attuazione […] in modo graduato e differenziato, purché il risultato complessivo sia pari a quello indicato nella legge statale» (ex plurimis, sentenza n. 211 del 2012).

Orbene, in disparte ogni valutazione dei provvedimenti sopravvenuti, al momento dell’emanazione del d.m. gravato – per la parte di interesse – le disposizioni regionali che limitavano il ricovero con cod. 75 risultano annullate, in attesa di una nuova determinazione.

Va evidenziato che la specificazione del concetto di Alta specialità neuroriabilitativa si trova – come correttamente indicato dall’Avvocatura – nelle Linee Guida per la Riabilitazione del 1998 (che riprendono il d.m. 29 gennaio 1992), che appunto al punto 2.3.4.2 chiariscono che “L’unità per le Gravi Cerebrolesioni acquisite e i gravi Traumi Cranio-enecefalici è finalizzata alla presa in carico di pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesione acquisita (di origine traumatica o di altra natura) e/o caratterizzata nella evoluzione clinica da un periodo di coma più o meno protratto (Glasgow Coma Scale inferiore a 8) e dal coesistere di gravi menomazioni comportamentali, che determinano disabilità multiple e complesse, che necessitano di interventi valutativi e terapeutici non realizzabili presso altre strutture che erogano interventi di riabilitazione intensiva…”.

II – La relazione dell’Amministrazione, prodotta a seguito dell’istruttoria, corroborata dalla documentazione di riferimento, evidenzia i seguenti punti:

1 – se è vero che le precedenti determinazioni applicative sono state annullate in via giudiziaria, il d.m. n. 70 del 2015, gravato, in attuazione dell’art. 15, comma 13 lett. c) d.l. n. 95 del 2012 varrebbe a superare tali provvedimenti giurisdizionali quale factum principis;

2 – la descrizione del trattamento cod. 75 si troverebbe nelle Linee di indirizzo per l’assistenza delle persone in stato vegetativo e stato di minima conoscenza del 2011, come trattamento presso Unità operative riabilitative “presso cui sono disponibili tutte le risorse necessarie a trattare 24 ore su 24 in modo definitivo tutte le lesioni, menomazioni e complicanze con focalizzazione più specifica al recupero funzionale”, tuttavia tali indicazioni dovrebbero essere lette in coerenza con il d.m. 18 ottobre 2012, recante il sistema tariffario, che prevede la tariffa massima giornaliera per i soggetti affetti da grave cerebrolesione acquisita (euro 470,00), mentre le altre patologie neurologiche anche gravi sarebbero riconducibili al codice 56; il Piano nazionale d’indirizzo per la riabilitazione dispone l’integrazione tra la riabilitazione intensiva ed intensiva ad alta specializzazione; sicché le malattie ed i disturbi del sistema nervoso (tra cui l’ictus) sarebbero da trattare nei posti letto di specialità cod. 56, con tariffa giornaliera di riabilitazione di euro (euro 272,70);

3 – vi sarebbe la necessità di definire un unico standard nazionale per la disciplina della neuroriabilitazione; gl standard 3,7 e 0,7 pp.ll. per mille abitanti non oggetto di contestazione derivano da un ‘espressa disposizione di legge (art. 15 d.l. 95/2012 cit); i posti letto definiti nel limite di 0,02 per mille abitanti per la neuroriabilitazione deriverebbe dalle Intese 98/CSR/2014 e 198/CSR/2015 con la partecipazione delle Regioni;

4 – il settore di riferimento sarebbe stato evidenziato come ad alto rischio di inappropriatezza alla luce dei criteri di cui al Patto per la Salute 2010-2012 (cfr. patologie sclerosi multipla);

5 – l’espansione dei pp.ll. 75 comporterebbe la compressione dei pp.ll. 56 con difficoltà di conversione per le strutture che sono adibite a tale riabilitazione, configurandosi, dunque, la posizione di controinteressati no evocati in giudizio.

A fronte di tali precisazioni l’IRCCS ha ulteriormente controdedotto, producendo anche documentazione scientifica.

III – La relazione dell’Amministrazione non convince per quanto di seguito esposto.

III.1 – In primo luogo è da chiarire che le censure di parte ricorrente in primo grado non si attestano sulla quantificazione dello standard nazionale di posti letto a carico del servizio sanitario regionale per un livello non superiore a 3,7 per mille abitanti, comprensivi di 0,7 per riabilitazione e post acuzie, determinato in applicazione dei criteri del Patto per la salute menzionato e alla necessità di riduzione delle inappropriatezze, quanto unicamente al punto 2.6 dell’all. 1, laddove si stabilisce che il limite dello 0,7 posti letto per mille abitanti sia comprensivo dei posti letto di neuroriabilitazione e che quest’ultimo sia limitato allo 0,02 p.l. per mille abitanti

Invero, dalla lettura della documentazione prodotta, anche in sede di istruttoria, ed in particolare delle Intese Stato-Regione, a fronte del riconoscimento della riduzione dell’inappropriatezza, non si evince la definizione della soglia così determinata.

Anzi come rilevato dalla memoria depositata in data 17 gennaio 2019 dall’IRCCS si rimette ad apposito decreto ministeriale l’individuazione dei criteri di appropriatezza dei ricoveri di riabilitazione ospedaliera “con riferimento alla correlazione clinica del ricovero con la tipologia di vento acuto, alla distanza temporale tra il ricovero e l’evento acuto e, nei ricoveri non conseguenti ad evento acuto, alla tipologia ci casistica potenzialmente inappropriata e determinato il nuovo valore tariffario per i ricoveri di riabilitazione inappropriati e per le giornate oltre soglia di cui al comma 2” (B.2 comma 1, Intesa 2 luglio 2015).

Da quanto sin qui esposto discende che, nelle more della definizione dell’inappropriatezza, non è rinvenibile un criterio idoneamente supportato per operare siffatta riduzione allo 0,02 dei p.l. per la neuroribilitazione di cui si discute.

III.2 – Ne discende, peraltro, che a fronte della necessità di fissazione di standard a livello nazionale (a cui ha provveduto il d.m. in esame con la determinazione della soglia per la riabilitazione) non si evince la concorde partecipazione – a livello istruttorio – della componente regionale.

III.3 – Ancora, appare debole il riferimento quanto alla definizione del cod. 75 al d.m. 18 dicembre 2012, che invece verte unicamente sulla disciplina tariffaria, evidenziano la previsione della tariffa massima per la riabilitazione con cod. 75.

Si opera così a livello ministeriale ‘un’inversione’ di ragionamento, che non può trovare condivisione, seppur nella consapevolezza della necessità di contenimento della spesa sanitaria.

A fronte del riconoscimento della tariffa massima per la riabilitazione cod. 75 (quella intensiva che garantisce la terapia 24 ore al giorno) si opera la riduzione dei posti letto, restringendo, senza idonea motivazione da punto di vista dell’analisi dei risultati, le patologie riconducibili.

Al contrario, l’illogicità di tale scelta – del resto già evidenziata nei precedenti giurisprudenziali che l’Amministrazione intenderebbe superati con il factum principis â€“ risulta emergere negli approdi scientifici prodotti in atti, laddove si pone in luce la penalizzazione che tale scelta comporterebbe per i pazienti “in cui una grave o gravissima situazione clinico-funzionale sia dovuta a patologie non comportanti obbligatoriamente un disturbo della coscienza, quali p.s. la “locked-in syndrome” da ictus vertebro-basilari, altri gravi casi di ictus cerebrale, tetraplegie acute da sindrome da Guillain-Barrè, gravi forme di sclerosi multipla, postumi di encefaliti e neoplasie cerebrali, o altre” (SIRN documento del 10 dicembre 2018 all. 1 alla produzione de 9 gennaio 2019 IRCCS).

Né agli atti si evince alcuno studio sull’impatto complessivo anche economico-finanziario della mancata sottoposizione di siffatti pazienti alla neuro-riabilitazione cod. 75 (che al contrario rispetto all’impostazione di cui al d.m. censurato, in termini di appropriatezza della spesa sanitaria, la riduzione degli interventi si palesa contraddittoria, cfr. Rapporto ictus 2018 in atti, allegato alla richiamata produzione del 9 gennaio 2019 IRCCS).

A tale riguardo deve menzionarsi quanto affermato dalla Corte costituzionale, proprio in riferimento all’art 15 del d.l. n. 95/2012, che prevede per il 2012 una riduzione dell’importo per l’acquisto di prestazioni sanitarie rese da soggetti privati accreditati, al fine di ridurre la spesa complessiva annua e colmare il disavanzo nel bilancio sanitario regionale:

«La tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone, con la precisazione che le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana […]. In questi termini, nell’ambito della tutela costituzionale accordata al “diritto alla salute” dall’art. 32 della Costituzione, il diritto a trattamenti sanitari è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento […]».

Orbene, a fronte della concreta attuazione del diritto alla salute e pur considerando la necessità di un adeguamento alle risorse esistenti e al rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, la previsione contenuta nel d.m. oggetto di gravame, appare, per quanto sin qui evidenziato, non supportata da idonea motivazione ed istruttoria, risolvendosi dunque, come censurato dal ricorrente in primo grado, in un’ingiustificata compressione del diritto alla salute, peraltro in contrasto con la stessa finalità di perseguimento dell’appropriatezza dell’uso delle risorse pubbliche, proprio perché non confrontato con idonei studi dell’impatto della misura.

Seppure, dunque, il sistema sanitario è caratterizzato dalle esigenze di contenimento dei costi e di riequilibrio del bilancio, vi sono settori – come quello in esame – in cui il diritto alla salute non può che guidare la potestà pianificatoria e di programmazione, nel senso che la scelta generale ‘di politica sanitaria’ ,tesa al mantenimento dei macroequilibri finanziari deve trovare fondamento, attraverso un’adeguata istruttoria, nell’individuazione di priorità ‘non sacrificabili’.

Del resto, nella fattispecie oggetto di causa, la carenza evidenziata, e la conseguente riduzione di riabilitazione appropriata, si traduce in ‘costo sociale’ e, dunque, economico per la collettività, visto l’impatto che pazienti non adeguatamente riabilitati hanno sulle famiglie e sul SSN.

IV – Da ultimo, ad un’attenta analisi, alla luce anche delle difese delle parti, deve evidenziarsi che l’annullamento della disposizione non incide direttamente sulla posizione delle strutture impegnate nella riabilitazione con cod. 56, dovendosi rimettere all’Amministrazione la successiva determinazione dei criteri di appropriatezza – come detto – e dunque, di individuazione delle soglie idonee per la determinazione dei posti letto per la riabilitazione.

V – Per tutto quanto, sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza di prime cure n. 7006/2017.

L’Amministrazione appellante deve essere condannata, in virtù del principio della soccombenza, al pagamento in favore dell’Istituto appellato delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in euro 3000,00 (tremila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza n. 7006/2017.

Condanna l’Amministrazione appellante dal pagamento, in favore dell’Istituto appellato, delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in euro 3000,00 (tremila/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

L’ESTENSOREIL PRESIDENTE
Solveig CoglianiFranco Frattini

IL SEGRETARIO

il decreto 70/2015

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  1. La sentenza è complessa e la problematica ancor di più. Debbono esser ben ricordati ad es i concetti fondanti della Alta Specialità di Riabilitazione a cui fa riferimento il cod.75 “Neuroriabilitazione delle gravi cerebrolesioni”. Ed anche che l’assistenza medico-infermieristica è garantita anche nei reparti cod.56 essendo ospedalieri (pubblici o accreditati ) con la garanzia di almeno 3 ore di trattamento riabilitativo.
    Ma senza dubbio la cosa più importante, chiara e forte la trovate alla fine della Sentenza dove si ricorda che”seppure il sistema sanitario è caratterizzato da esigenze di contenimento dei costi…vi sono settori come quello in esame in cui il diritto alla salute deve guidare la potestà pianificatoria…(ed esistono) priorità non sacrificabili……..”.
    Questo richiama prima di tutto i Fisiatri a combattere perche la Riabilitazione (nella qualità e quantità necessarie ai bisogni delle persone con disabilita’) possa esser non più sacrificata dai tagli di Regioni e Ministero coperti da alibi di appropriatezza artificiosa.
    Lo schema errato dell’ICDH che legava meccanicisticamente disabilita’e riabilitazione alla sola patologia è stato sepolto da oltre 20 anni e non possiamo tollerare che venga riesumato da un documento ministeriale che nega così i diritti dei disabili ed il ruolo dei Fisiatri.
    Come dicono da anni i negli Usa ed oggi in tutto il mondo il Fisiatra è il Medico della persona Disabile!
    E in Italia ?

  2. Sicuramente la sentenza del Consiglio di Stato è importante per il mondo riabilitativo nazionale anche se penso che nasce dalla situazione laziale che è complessa e non priva di situazioni paradossali, specie negli anni passati ma non ancora risolti evidentemente se la programmazione deve essere stimolata dalle sentenze. Non dimentichiamo che nel Lazio l’offerta a gestione pubblica di posti letto in riabilitazione intensiva è intorno all’otto/dieci per cento rispetto al totale offerto e purtroppo, temo, in progressiva decrescita, nonostante i DEA di I e II livello presenti negli ospedali pubblici e nei policlinici universitari e questo non certo facilita la presa in carico in riabilitazione dalla comparsa dell’evento acuto fino al reinserimento a domicilio. L’alta specialità definita dal DM del 1992, dopo oltre 25 anni, forse merita, nel campo riabilitativo, una seria considerazione al fine di evitare vuoti assistenziali o ingiustizie amministrative-economiche.
    Il capito 3 del Piano di Indirizzo ricorda che spesso i nostri pazienti sono ad alta complessità senza necessariamente meritare un trattamento di alta specialità e nel capitolo 4, quando si parla di riabilitazione intensiva, si dice chiaramente che “sono individuabili diversi livelli assistenziali che richiedono differenziazioni nelle valorizzazioni in base a diversi gradi di complessità clinica, disabilità e multimorbidità ed al documentato assorbimento di risorse.” Voglio dire che a volte alcuni pazienti destinati al codice 56 sono più impegnativi di quelli destinati alle alte specialità e che un pagamento a giornata, indipendentemente dalla complessità ed unicità del paziente, può generare comportamenti opportunistici (per esempio dare precedenza alla chiamata di pazienti con minori necessità assistenziali). Nel passato e spero non più, pur in presenza di una importante rete di alta specialità riabilitativa, pazienti con gravi cerebrolesioni o mielolesioni non trovavano posti letto vicino alla propria residenza ed è per questo che il Ministero, secondo me, dovrebbe rivisitare in Conferenza Stato-Regioni il Decreto Ministeriale del 1992 ed il sistema della tariffazione riabilitativa.

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