Le aggressioni agli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie: approvata la L. n. 113/2020 in materia di sicurezza.
Gli atti di aggressione fisica e verbale nei confronti degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie non sono sporadici episodi di cronaca ma un problema reale che oggi ha assunto la dimensione di un vero e proprio allarme sociale.
I dati statistici attestano che tra il 2015 e il 2019 i casi di aggressione nei confronti di medici, infermieri ed operatori socio-sanitari sono stati quasi 11 mila. Sebbene frequenti in ogni settore lavorativo, il maggior numero di casi si registra nell’ambito sanitario, in ragione del rapporto interattivo che si instaura tra pazienti e sanitari, tenuti a dover gestire ogni giorno situazioni di particolare emotività del paziente e dei suoi familiari, i quali, come si legge nella Relazione di Accompagnamento al disegno di legge S-867, poi sfociato nella L. n. 113/2020, “si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo, specialmente se sotto l’effetto di alcol o droga”.
Questo fenomeno esige di considerare le due facce dello stesso rapporto sanitario-paziente: l’esigenza di tutelare la salute dei pazienti come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (ex art. 32, comma 1, Cost.) e quella di garantire la sicurezza e il benessere psicofisico del personale sanitario.
Non è un caso, inoltre, che la legge in esame sia stata approvata proprio nel corso dell’emergenza pandemica da Covid-19, durante la quale il personale sanitario ha lavorato (e lavora!) a pieno ritmo per la cura delle persone affette (ma anche non affette) dal virus. È stato questo il contesto che ha reso necessario l’intervento normativo diretto a contrastare le aggressioni agli operatori sanitari, divenute in tempi rapidi una vera e propria prassi e, dunque, a prevedere misure di prevenzione e norme penali ad hoc al fine di garantire la sicurezza dell’intera categoria, partendo dalla considerazione dell’inadeguatezza degli strumenti di natura amministrativa.
Dopo un iter parlamentare di quasi due anni, il 24 settembre 2020 è entrata in vigore la legge 14 agosto 2020, n. 113, recante “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”, pubblicata in GU n.224 del 9.9.2020. Ratio della nuova legge è quella di offrire al personale sanitario una specifica tutela giuridica, fornendo loro gli strumenti necessari per prevenire ulteriori violenze e superare i limiti previsti dalla normativa vigente che obbliga a denunciare tali azioni.
L’articolo 1 della legge n. 113/2020 specifica l’ambito di applicazione della stessa, riferendosi alle professioni sanitarie e socio-sanitarie. Le professioni sanitarie, individuate ai sensi dell’art. 4 e da 6 a 9 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, sono quelle riservate agli iscritti agli albi professionali degli ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, dei veterinari, dei farmacisti, dei biologi, dei fisici e chimici, delle professioni infermieristiche, di quelle di ostetrica, dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonché degli osteopati e dei chiropratici e, infine, degli psicologi. Le professioni socio-sanitarie, individuate dall’art. 5 della stessa legge n. 3 del 2018, comprendono i profili professionali dell’operatore socio-sanitario, dell’assistente sociale, del sociologo ed educatore professionale.
Comprendendo tutte queste figure professionali, è chiaro che la volontà del legislatore fosse quella di estendere la tutela preventiva e di promozione di studi e analisi per la formulazione di proposte e misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti.
A tale scopo con la stessa legge è stata prevista, all’art.2, l’istituzione presso il Ministero della Salute dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, al quale è riconosciuto il compito di monitorare gli episodi di violenza o di eventi sentinella che possano dar luogo a fatti commessi con violenza o minaccia ai danni degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni; di monitorare l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione a garanzia dei livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro, anche promuovendo l’utilizzo di strumenti di videosorveglianza. Ma anche di promuovere studi e analisi per la formulazione di proposte e misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti; di promuovere la diffusione delle buone prassi in materia di sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, anche nella forma del lavoro in équipe; infine, di promuovere lo svolgimento di corsi di formazione per il personale medico e sanitario, finalizzati alla prevenzione e alla gestione delle situazioni di conflitto nonché a migliorare la qualità della comunicazione con gli utenti.
È incoraggiata (art. 3) la promozione di iniziative di informazione, da parte del Ministro della Salute, sull’importanza del rispetto del lavoro del personale che svolge una professione sanitaria o socio-sanitaria.
Inoltre, al fine prevenire gli episodi di aggressione, è previsto che le strutture presso le quali opera il personale sanitario o socio-sanitario prevedano nei propri piani per la sicurezza, misure volte a stipulare specifici protocolli operativi con le forze di polizia per garantire il loro tempestivo intervento (articolo 7).
Quanto alle misure volte al rafforzamento della tutela penalistica, la legge 113/2020 interviene sul testo dell’art. 583-quater c.p., aggiungendo un secondo comma. Più precisamente, l’art. 583-quater prevede, al comma 1, che nell’ipotesi “di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da quattro a dieci anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da otto a sedici anni”. Per effetto del secondo comma, introdotto dall’art. 4 della legge 113/2020, tale inasprimento delle pene si applica anche “in caso di lesioni personali gravi o gravissime cagionate a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di tali attività”.
Affinché sia configurabile la nuova circostanza aggravante di cui all’art. 583-quater c.p., è necessario che le lesioni gravi o gravissime siano commesse “a causa o nell’esercizio” dell’attività sanitaria e cioè che sussista un nesso funzionale tra la condotta di lesioni e l’attività esercitata. Troverà, dunque, applicazione l’aggravante ex art. 583-quater, comma 2 c.p., quando l’aggressione è connessa all’attività del sanitario, anche se l’atto violento è realizzato al di fuori del luogo in cui è stata resa la prestazione. La norma non sarà applicabile, invece, quando il motivo che sta alla base dell’aggressione non è logicamente connesso all’attività sanitaria.
La legge n. 113/2020 ha aggiunto il comma 11 octies all’art. 61 c.p., che contempla le circostanze che vanno ad aggravare un reato commesso e consiste nell’ “avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività”.
L’intervento legislativo ha riguardato anche il tema della procedibilità, apportando delle modifiche all’articolo 581, comma 1, c.p. e all’articolo 582, comma 2, c.p. e non ancorando così la perseguibilità dei reati alla gravità della condotta lesiva. L’art. 581 c.p. prevede il reato di percosse, il quale è punito a querela della persona offesa, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente. Per effetto della L. 113/2020 il testo normativo dell’art. 581 è stato modificato disponendo che, qualora ricorra l’aggravante prevista dall’art. 61, n. 11-octies, c.p., in deroga alla disciplina ordinaria, non sarà necessaria la querela della persona offesa ma il reato è procedibile d’ufficio in presenza dell’aggravante indicata.
Per effetto della nuova legge la procedibilità d’ufficio è disposta anche nelle ipotesi di lesioni personali (art. 582 c.p.) da cui derivi una malattia con una durata non superiore ai venti giorni ed il fatto è aggravato ex art. 61, n. 11-octies c.p. In questo modo il legislatore fa sì che la punibilità dell’illecito non derivi dalla presentazione della querela da parte della persona offesa e la sua procedibilità in giudizio non viene fatta dipendere neppure dall’indice di gravità della lesione (si procede d’ufficio anche se le lesioni provocate non sono gravi o gravissime).
Il sistema sanzionatorio è poi completato dalla fattispecie di illecito amministrativo introdotta dalla L. 113/2020. Ciò mette in chiara evidenza l’intento del legislatore di non lasciare impunita alcuna forma di aggressione nei confronti del personale sanitario. Infatti, l’art. 9 della L. 113/2020 prevede che, qualora il fatto non consente di configurare un reato, “chiunque tenga condotte violente, ingiuriose, offensive o moleste nei confronti di personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria o di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso funzionali allo svolgimento di dette professioni presso strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche o private è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 5.000”.
La legge in esame ha anche istituito una giornata nazionale dell’educazione e della prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, volta a sensibilizzare anche la cittadinanza a una cultura che condanni ogni forma di violenza (art. 8).
A chiusura del testo di legge, l’art. 10 introduce una clausola di invarianza finanziaria, che prevede che l’attuazione della presente legge avvenga senza l’impiego di nuovi o di maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ciò conduce ad un polemico giudizio a tal proposito, in quanto risulta abbastanza difficile immaginare che obiettivi ambiziosi possano essere realizzati senza l’impiego di ulteriori risorse.