Le molecole segnale come farmaci nel controllo dei processi infiammatori acuti e cronici
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Il tema dell’intervista di questo numero della nostra rivista è la Low Dose Medicine e la sua Farmacologia, un nuovo e innovativo paradigma della Medicina, seppur già molto affermato.
Ne parliamo con Alessandro Perra, Direttore Scientifico di Guna S.p.a., l’Azienda farmaceutica italiana pioniera e leader nel campo dei farmaci a basso dosaggio, al quale chiederemo anche di illustrarci lo stato dell’arte sui rationali e sulle evidenze relative ai farmaci low dose antinfiammatori nell’ambito della nostra specialità: la Medicina Fisica e Riabilitativa
- Partiamo dalla prima domanda, la più generale: che cosa è la Low Dose Medicine
Negli ultimi 10 anni, i risultati della ricerca bio-tecnologica italiana nel campo della Farmacologia dei bassi dosaggi ha delineato nuove possibilità di cura per molte malattie ed ha attirato l’attenzione della comunità scientifica su nuovi farmaci all’avanguardia e su un nuovo paradigma medico: la Low Dose Medicine
La Low Dose Medicine è nata dal sogno di una Medicina centrata sulla persona ed in armonia con la Natura; è originata dall’incontro tra Biologia Molecolare e Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (P.N.E.I.); si è sviluppata grazie ai risultati della Ricerca nel campo della Farmacologia dei bassi dosaggi.
La Low Dose Medicine si fonda su 3 principi guida:
- curare l’uomo e non solo la malattia;
- agire sulle cause e non solo sui sintomi;
- considerare l’uomo nella sua globalità mente-corpo e nella sua individualità.
Dalla seconda metà degli anni ’80, lo sviluppo dei concetti espressi dalla Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia ha determinato un cambiamento di prospettiva nell’interpretazione delle funzioni biologiche dell’organismo umano e delle sue malattie, traslando da una visione di tipo riduzionistico (ogni malattia interessa un singolo organo o tessuto) a quella sistemica di network cellulare, per arrivare al riconoscimento dell’importanza del continuo dialogo – cross talk – tra cellule, organi e sistemi sia in condizioni fisiologiche sia patologiche.
E’ partendo da queste premesse che la ricerca farmacologica si è concentrata sul ruolo giocato da particolari molecole biologiche, aprendo così la strada a quella che sarebbe potuta essere una nuova soluzione in ambito terapeutico: l’uso delle medesime molecole organiche come farmaci per riportare l’organismo ammalato alle sue originarie condizioni fisiologiche.
Queste particolari molecole biologiche sono molto conosciute e studiate dalla Biologia Molecolare, che le definisce, non a caso, molecole segnale o messaggere, cioè sostanze in grado di portare alle diverse cellule dell’organismo le “giuste istruzioni” per il loro corretto funzionamento.
Sono i neuropeptidi, gli ormoni, le citochine.
A queste si affiancano i fattori di crescita, fondamentali molecole di regolazione e stimolo tissutale.
Per capirci: sono le “parole” con cui dialogano tra loro le cellule.
- Ma perché queste molecole segnale, ed i corrispondenti farmaci con esse allestiti, sono così importanti per la Medicina?
Perché esse sono le “parole” con cui dialogano le cellule, e le malattie sono “difetti” di comunicazione intercellulare.
Si pensi solo al numero di cellule presenti nell’organismo umano: 40.000 miliardi di cellule, e la cosa incredibile è che tutte sono in comunicazione tra di loro, “chiacchierano” fa di loro (il corpo umano è il più grande social network esistente).
Eppure, oggi, ragionare solo in termini di cellule dell’organismo è considerato riduzionistico dalla Scienza moderna. Oggi si parla di Superorganismo; sì perché per ogni cellula sono presenti nell’organismo umano 2,7 batteri, e questi batteri che prima abbiamo pensato solo di ospitare in realtà guidano la nostra fisiologia, controllano le nostre emozioni, ci fanno stare bene (se sono presenti in maniera armonica e bilanciata) oppure possono essere causa di malattia se perdono la loro armonia.
Per fare una battuta si potrebbe dire che se anche qualche volta ci si sente soli, beh soli non lo si è mai: abbiamo sempre 2,5 kg di batteri che ci tengono compagnia.
C’è una bellezza intrinseca nelle cellule: il modo più semplice per capire come funzioni una cellula è quello di antropomorfizzarla: in fin dei conti esse riproducono nel loro ultra-piccolo (microcosmo) la grandezza dell’intero organismo (macrocosmo). Le cellule “parlano” e le cellule “sentono”; ovviamente non utilizzano un vero linguaggio verbale, hanno un loro proprio linguaggio, l’abbiamo detto, usano un preciso dizionario fatto di “parole” che si chiamano molecole segnale, e attraverso esse comunicano con le altre cellule.
La Biologia Molecolare più moderna ha scoperto e ci ha fatto conoscere il significato delle parole usate dalle cellule per comunicare (neuro-peptidi, citochine, ormoni) e ci ha fatto comprendere come le malattie siano l’espressione di un difetto (finanche l’interruzione) di comunicazione tra le cellule; ma non ci aveva ancora spiegato quale fosse il “volume” usato dalle cellule per comunicare, “chiacchierare” tra di loro.
Ed è proprio qui si inserisce la ricerca nell’ambito della Low Dose Medicine.
- Le premesse sono molto affascinanti. Ci faccia capire di più
Ciò che la Ricerca ci ha fatto capire è che in Medicina non è importante solo una bella melodia (cioè un protocollo terapeutico con farmaci a base di molecole segnale), cioè una combinazione armonica e perfetta di note (le “parole” della musica) ma essa deve raggiungere le orecchie con il giusto volume (né troppo basso né troppo alto). Anche la musica più bella se diffusa a volume troppo alto, o l’immagine più bella se illuminata in eccesso “offenderebbero” i sensi. Lo stesso avviene alle cellule: se i messaggi (i segnali, cioè le molecole di cui abbiamo detto prima) che portano le istruzioni per il funzionamento cellulare fisiologico, seppur corretti, sono in eccesso (troppo “rumorosi”, troppo “luminosi”) offenderebbero i loro sensi, cioè i loro recettori. E quando una cellula si offende, chiude i propri recettori, e se chiude i propri recettori non riceve più le istruzioni per funzionare, e non le resta che invecchiare e poi morire.
Questo meccanismo, la Biologia Molecolare lo chiama down-regulation dei recettori di membrana.
Le cellule sono come le donne: sono fortissime e straordinariamente resilienti, hanno un’incredibile capacità di adattamento e sopravvivenza ma sono anche molto delicate, le si deve profondamente rispettare ed amare, non si deve urlare loro “ti amo”, lo si deve sussurrare.
Persino le emozioni funzionano così sulle cellule. In fin dei conti, le emozioni sono molecole “sine materia”, e come tali si comportano.
Le più recenti ricerche in questo campo hanno permesso di scoprire quale sia il volume utilizzato dalle cellule per chiacchierare tra di loro attraverso il loro linguaggio delle molecole segnale. È un “volume” molto preciso, cioè una concentrazione molto precisa: è un “volume” molto molto basso, cioè una concentrazione molto bassa.
Per questo chiamiamo questo nuovo paradigma della Medicina “Low Dose Medicine”. È una medicina che sussurra alle cellule.
- La Farmacologia basata sull’attività di molecole segnale come le citochine rappresenta una delle frontiere più interessanti della scienza medica. Come si inserisce la vostra Ricerca
La possibilità di utilizzare queste molecole a bassi dosaggi (sub-nanomolari) – è facile intuirlo – arricchisce di ancora maggiore interesse e fascino la Farmacologia delle citochine: chiunque si sia occupato di patologie infiammatorie ed autoimmuni ha “sognato” di poter disporre di queste meravigliose molecole sotto forma di farmaci, ma il sogno è ogni volta svanito alla constatazione degli effetti collaterali che i dosaggi normalmente sperimentati finora provocavano.
Oggi, questo nuovo paradigma farmacologico e clinico chiamato Low Dose Medicine fa intuire che la storia dell’uso terapeutico delle citochine debba ancora essere scritta, e molto probabilmente in chiave low dose.
Quale Medicina può essere più efficace di quella che utilizza come farmaci le stesse sostanze che fanno funzionare fisiologicamente l’organismo? Quale Medicina può essere più “biologica” e sicura di quella che segue le regole della Natura?
Ma la Natura ha delle norme molto rigide: le molecole messaggere, attraverso le quali le cellule si scambiano le informazioni affinché ogni meccanismo biologico sia perfettamente efficiente, funzionano solo se la loro concentrazione è quella fisiologica, e questa è – guarda caso – una concentrazione molto bassa.
Grazie alla tecnica farmaceutica chiamata SKA (Sequential Kinetic Activation), codificata e standardizzata nei nostri Laboratori, si è reso possibile “riprodurre” questa precisa concentrazione e quindi rendere disponibili come farmaci le molecole che guidano le funzioni vitali del nostro organismo, sono in grado di ripristinare le sue condizioni fisiologiche, possono “riparare” un danno.
In termini puramente farmaceutici, si tratta di un sofisticato drug delivery system, che permette alle nano-concentrazioni di essere attive anche al disotto di quelle considerate fino ad oggi le dosi minime efficaci.
- Siamo curiosi di sapere a che punto si trovi la vostra Ricerca
La Ricerca scientifica ha avvalorato le tesi della Low Dose Medicine: nel 2009, infatti, la prestigiosa rivista scientifica internazionale Pulmonary Pharmacology & Therapeutics[22 (2009) 497-510]pubblica l’articolo Low dose oral administration of cytokines for treatment of allergic asthma sugli effetti di bassi dosaggi di citochine SKA nella cura dell’asma allergico. Nel lavoro viene dimostrato in maniera chiara, evidente e soprattutto riproducibile che i bassi dosaggi utilizzati nello studio mostrano gli identici effetti degli alti dosaggi nel modificare una serie di parametri clinici e di laboratorio che identificano lo stato allergico.
Oltre 15 anni di ricerca scientifica nel campo della Low Dose Medicine hanno dimostrato la validità dell’approccio concettuale e l’efficacia e la sicurezza dell’intervento terapeutico basato sulla somministrazione orale di dosi basse di molecole segnale attivate.
Oggi possiamo affermare che la letteratura scientifica sostiene l’approccio terapeutico della Low Dose Medicine e che essa non è più e solo una teoria scientifica ma può rappresentare la base per un nuovo paradigma medico.
La massa critica di lavori pubblicati ha fatto capire prima di tutto che la safety di questi dosaggi è altissima, e questa non è cosa da poco.
Ha fatto comprendere, inoltre, che i farmaci low dose sono particolarmente utili nel tenere bassa l’attività di malattia in pazienti con quadri morbosi anche molto impegnativi in remissione, e questo è il secondo aspetto importantissimo della Farmacologia low dose. Proprio su questo, di grande valore è il lavoro pubblicato su Drug Design, Development and Therapy [2017:11 985–994] sull’efficacia della combinazione di IL-10 low dose + Anti IL-1 low dose + IL-4 low dose nel mantenere la bassa attività di malattia in pazienti con Artrite Reumatoide (AR) una volta portati in remissione con DMARDs.
Ha fatto capire, infine, che le terapie low dose sono ideali nei trattamenti long-term grazie all’assenza di effetti avversi e di fenomeni da sovraccarico.
Ha fatto anche comprendere alcuni limiti della Low Dose Medicine: per esempio, che in alcuni stadi di malattia, in cui i sistemi omeostatici e di regolazione biologica sono altamente compromessi, la farmacologia low dose non può arrivare da sola (ma c’è da chiedersi se questo sia un vero limite o apra nuove frontiere per l’uso combinato di farmaci di sintesi e low dose…).
Abbiamo lavorato in molte aree specialistiche, dalla Reumatologia (AR) alla Dermatologia (Psoriasi e Vitiligine), dall’Allergologia (Asma allergico e Dermatite atopica) alla Neurologia (Aging cerebrale) e molte altre.
La Low Dose Medicine ci potrà aiutare moltissimo a comprendere come agire sulle cause più intime di molte patologie – soprattutto infiammatorie – che riconoscono in un’alterazione della comunicazione del sistema immunitario la propria profonda origine. Non può essere casuale che malattie gravi ed a crescente incidenza, come IBDs, artrite reumatoide, psoriasi, allergia, artrosi siano tutte collegate dal medesimo, sottile fil rouge dell’infiammazione che, delle alterazioni della comunicazione del sistema immunitario, è la prima e più drammatica conseguenza.
- Nell’ambito delle patologie muscolo-scheletriche, la farmacologia low dose può avere successo?
Sicuramente ed anzi, con farmaci basati su citochine low dose è possibile fare un lavoro molto raffinato che tiene conto, per esempio, della cronobiologia di sviluppo del processo, dall’onset alla risoluzione
Il processo infiammatorio fisiologico è infatti governato da una precisa cronobiologia delle citochine coinvolte, che si articola in 3 fasi.
- Onset o innesco
- Mantenimento
- Risoluzione
La prima citochina ad intervenire nel processo infiammatorio, “accendendolo” è l’IL-1; poiché essa ha un’emivita molto breve, subito è seguita dal TNF-α: la loro concentrazione aumenta (sempre all’interno del range omeostatico, seppur attestandosi al suo limite superiore) ma nelle 24-48 ore torna a normalità. Per mantenere il processo attivo per un lasso di tempo che consenta una risposta difensiva biologicamente opportuna del Sistema Immunitario contro la noxa patogena, immediatamente dopo IL-1 e TNF-α aumenta di concentrazione di IL-6, che assicura lo svolgimento del processo fino alla risoluzione operata dalla 2 citochine antinfiammatorie più potenti dell’organismo animale: IL-10 e TGF-β. (Fig. 1)
Vediamo ora cosa accade quando il processo, per una maggiore intensità del trigger flogogeno, ovvero per una insufficienza funzionale del Sistema P.N.E.I., e conseguente alterazione del suo equilibrio omeostatico, da fisiologico diventa patologico.
INFIAMMAZIONE ACUTA
Come immediata risposta alla perturbazione dell’equilibrio omeostatico da parte di un trigger infiammatorio [come avviene, per esempio, in caso di infezione batterica, con il legame tra i LPS (lipopolisaccaridi di membrana) dei Gram– e dei Gram+ ed i Toll Like Receptors 2-4 presenti sulla membrana cellulare], si osserva la sovra-espressione di IL-1, la prima citochina temporalmente coinvolta nel processo infiammatorio (e per questo definita “trigger”)
È IL-1 che fa partire il processo infiammatorio aumentando la propria concentrazione (spike) seppure per un periodo limitato (48-72 ore). (Fig. 2)
La sua emivita è infatti relativamente breve e questo giustifica l’utilizzo a scopo terapeutico degli anticorpi monoclonali low dose anti IL-1 (GUNA-ANTI IL-1) e non citochine ad azione antagonista (dette citochine opponenti) come nel caso di sovra-espressione di altre citochine pro-infiammatorie (per esempio IL-6, IL-8, TNF-α) dato che il tempo di induzione e latenza per il riequilibrio fisiologico della bilancia immunitaria secondo il principio di cross-regolazione di Cooke e Bettelli sarebbe troppo lungo, ed invece la sovra-espressione patologica di IL-1 perdura per un tempo molto limitato ma sufficiente ad indurre i segni dell’infiammazione secondo Celsus ed in particolare il calor (si noti che IL-1 era definita “pirogeno endogeno”) ed il dolor. Solo l’azione diretta ed immediata dell’anticorpo anti IL-1 è in grado di bloccare questa interleuchina prima che essa leghi il proprio recettore avviando il processo infiammatorio acuto.
È interessante notare che IL-1 è al vertice delle pathways che guidano il processo infiammatorio, svolgendo un vero ruolo cruciale nell’innesco e sviluppo di questo fenomeno.
IL-1, infatti, attiva 3 fondamentali cascate:
- la cascata dell’acido arachidonico via COX2
- la cascata della sintesi delle prostaglandine
- la cascata dell’ossido nitrico
Normalmente l’intervento farmacologico antinfiammatorio prevede l’azione su una sola di queste cascate, e cioè (Fig. 12):
- i FANS sulla cascata dell’acido arachidonico
- i corticosteroidi sulla cascata delle prostaglandine
- i salicilati sulla cascata dell’ossido nitrico
Va da sé che l’utilizzo contemporaneo di queste 3 diverse classi di farmaci antinfiammatori avrebbe un indiscusso effetto terapeutico ma porterebbe con sé una severa coorte di effetti collaterali.
Agendo invece primariamente là dove originano le 3 cascate, cioè bloccando IL-1, si è in grado di agire contemporaneamente su tutte e 3 le pathways pro-infiammatorie, con un pronto ed efficace effetto antinfiammatorio e, dato il basso dosaggio del farmaco low dose (GUNA ANTI IL-1), senza alcun effetto collaterale, né locale né tanto meno sistemico, come si osserva con l’uso degli anticorpi monoclonali ad alto dosaggio.
- E nella patologia infiammatoria cronica?
Interprete principale dei processi infiammatori cronici ed in particolare della Low Grade Chronic Systemic Inflammation (LGCSI)è l’IL-6.
Questa citochina, che normalmente nei processi infamatori fisiologici interviene dopo le prime 48-72 ore, ed è responsabile del mantenimento del processo affinché esso svolga la propria opportuna azione di difesa, per la persistenza del/dei trigger infiammatorio/i ovvero per un’alterata (insufficiente) funzione neuro-immuno-endocrina, permane up-regolata oltre il termine fisiologico del mantenimento del processo, talvolta molto a lungo, inducendo la persistenza del fenomeno, la conseguente sintomatologia cronica e la progressione del fenomeno verso la functio laesa.
È noto come la curva dell’IL-6 non si abbassi dopo le fisiologiche 72-96 ore: è la persistenza di questa up-regolazione la profonda causa del fenomeno infiammatorio cronico di bassa intensità.
E’ noto altresì come l’up-regolazione dell’IL-6 sia in stretta relazione e spesso conseguenza dell’insufficiente attività di IL-10 e di TGF-β, le due citochine che secondo il principio della cross-regolazione, ovvero delle citochine antagoniste o opponenti, sono in grado di tenere sotto controllo omeostatico IL-6. (Fig. 3)
Sovente i valori di IL-10 e di TGF-β sono nel range fisiologico ma la “tempesta” di IL-6 è tale che le due molecole autologhe non sono in grado di controbilanciare la straordinaria concentrazione e diffusione di IL-6: è in questo momento che l’utilizzo di IL-10 a bassi dosaggi (GUNA INTERLEUKIN-10):
- è richiesto
- è fisiologicamente opportuno
- è terapeuticamente la soluzione più efficace e biologicamente perfetta,
La gestione farmacologica dell’infiammazione cronica sistemica di bassa intensità è la nuova frontiera della farmacologia mainstream e la Low Dose Medicine rappresenta la soluzione più moderna ed efficace.
Tutti i sistemi ed apparati sono colpiti da fenomeni infiammatori cronici di bassa intensità e sono ben conosciute le correlazioni tra infiammazione cronica e patologie come l’Alzheimer, le IBDs, l’infarto, solo per citare alcune delle malattie a maggiore incidenza di questo secolo. E si pensi ai cosiddetti “sintomi vaghi ed indefiniti”, classica espressione dell’infiammazione cronica di bassa intensità e fra le cause di più frequente consulto in regime di Medicina di Base
Il ruolo di IL-6 nell’etiopatogenesi di molte malattie muscoloscheletriche è cruciale. La Ricerca è evidenziato il legame esistente tra IL-6 sovra-espressa, Low Grade Chronic Inflammation e la triade sintomatologica “dolore, depressione, fatigue” una quadro molto tipico e comune a varie patologie come la Fibromialgia, il Cancro, le Sindromi Depressive Maggiori, tutte patologie francamente infiammatorie.
Per la comprensione del ruolo centrale di IL-6 come marker dell’infiammazione cronica di basso grado e di come essa sia il vero “killer silenzioso” della nostra salute, è di estrema importanza un lavoro pubblicato da New England Journal of Medicine nel 2011, che in maniera perfetta e sintetica descrive i mediatori (guarda caso prevalentemente IL-6 e TNFα) che contribuiscono allo spreading dell’infiammazione dal focolaio primario (nello specifico Artrite Reumatoide) verso tutti gli altri organi e tessuti, facendo dell’infiammazione cronica un’infiammazione cronica SISTEMICA .
Ed è certamente questa la grande sfida della Medicina dei prossimi anni.
È proprio su questo fronte che la Low Dose Medicine e la Farmacologia dei bassi dosaggi possono vincere la loro sfida: grazie alla comprensione degli intimi meccanismi della cross-regolazione tra sottopopolazioni linfocitarie ed al concetto di citochine antagoniste od opponenti, oggi sappiamo molto bene come “neutralizzare”, cioè down-regolare la sovra-espressione di IL-6, ristabilendo il giusto trend della curva di IL-6.
- Certamente IL-6 fa paura. Ma come è possibile tenerla sotto controllo?
IL-10 è la più potente e straordinaria molecola ad attività antinfiammatoria di cui dispone l’organismo umano (ed animale più in generale). I progressi compiuti dalla Ricerca nel campo della Farmacologia dei bassi dosaggi hanno portato alla produzione di un farmaco a base di IL-10 (GUNA INTERLEUKIN-10), la cui efficacia è oggi dimostrata tanto in pre-clinica quanto nei trial clinici, e dall’assoluta sicurezza clinica.
- In Fisiatria abbiamo a che fare molto con il dolore acuto e cronico benigno. In questo caso la Low Dose Medicine può intervenire?
Nella “borsa degli attrezzi” della farmacologia antinfiammatoria low dose un ruolo cruciale è giocato dalle β-endorfine, molecole di estremo interesse e di comprovata efficacia nel controllo del dolore acuto e cronico benigno.
In estrema sintesi l’azione delle β-endorfine e la loro fisiopatologia è sintetizzabile in:
- Le β-endorfine sono up-regolate durante l’infiammazione.
- Le β-endorfine inducono effetto analgesico legandosi ai recettori per gli oppioidi.
- Nel S.N.C. le β-endorfine si legano ai recettori mu per gli oppioidi ed inibiscono il rilascio di GABA.
Le beta-endorfine sembrano svolgere un ruolo fondamentale nell’analgesia non farmacologica, vale a dire, in quella che si ottiene, per esempio, mediante tecniche come: l’Agopuntura, l’Ipnosi, l’Elettrostimolazione
Molteplici sono le evidenze relative all’efficacia ed al possibile ruolo terapeutico:
la somministrazione di beta-endorfine è in grado di migliorare l’Artrite Indotta dal Collagene (CIA) riducendo l’espressione di fattori reumatoidi e proinfiammatori attraverso la seguente cascata di eventi:
- down-regolazione di NF-kB
- riduzione di citochine proinfiammatorie
- riduzione di chemochine
- riduzione delle MMPs reduction
- polarizzazione Th-2
- Se dovessimo tirare le somme?
In conclusione, appare evidente come, secondo il principio di cross-regolazione delle citochine antagoniste, ed in accordo ai principi della cronobiologia dei fenomeni infiammatori, alle citochine pro-infiammatorie facciano da “contro-bilancia” le citochine antinfiammatorie.
Un semplice schema può facilitare la comprensione sul possibile uso delle nostre molecole:
GUNA-ANTI IL-1
- Sintomatologia infiammatoria acuta
GUNA INTERLEUKIN-10
- Sintomatologia infiammatoria cronica
Guna β-ENDORPHIN
- Sintomatologia dolorosa acuta e cronica
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