di Morena Ottaviani
Non molti mesi fa, mentre ascoltavo distrattamente un TG, aveva attirato la mia attenzione un titolo, che usciva dal solito coro comune dei servizi che ciclicamente vengono trasmessi (a seconda della “moda” del periodo). Si trattava della relazione su di un’analisi condotta dal Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità e relativa i tempi d’attesa per le prestazioni sanitarie. In particolare il mio interesse è stato solleticato dalla comparazione tra i dati rilevati, che venivano finalmente analizzati differenziando i risultati nel pubblico, nel privato accreditato, nel privato e nell’intramoenia. Evviva! Evviva!
Da molto tempo critico la modalità con cui la Liguria, in cui esercito principalmente, rende noti i dati relativi i tempi d’attesa. Infatti negli anni passati (precedenti al 2013) veniva indicato come tempo di attesa per una prestazione il dato più basso rilevato tra tutti i punti in cui la prestazione veniva erogata, e non differenziando se pubblico o privato accreditato. Per chiarire il concetto faccio un esempio: considerando una Visita Generale di Medicina Fisica e Riabilitazione, veniva riportato come tempo di attesa ad esempio 5 giorni (perché in un ambulatorio privato accreditato quello era il dato), anche se magari negli ambulatori pubblici il dato saliva a 60 giorni o peggio, e pertanto la media matematica sarebbe stata ben lontano dai 5 giorni indicati. Ho sempre considerato molto sibillina questa informazione, che veniva fornita sul sito ufficiale della ASL di riferimento, ritenendo che sarebbe stato sicuramente più corretto calcolare appunto la reale media del tempo di attesa tra tutti i poli in grado di erogare quella prestazione. Dal 2013 i dati forniti hanno assunto un nuovo aspetto, venendo suddivisi per distretto e non fornendo ulteriori delucidazioni in merito alle modalità di rilievo dei dati pubblicati. Dal 2017 poi la presentazione dei dati è ulteriormente variata: le prestazioni sono differenziate in base al criterio di urgenza (U, B, D, P) e vengono indicati sia il numero delle richieste sia la percentuale di erogazione entro i tempi stabiliti. Addirittura, in ASL diverse da quella dove esercito, è dato di sapere solo i tempi minimi di attesa per tipologia di prestazione in base all’urgenza indicata!! Confesso che in più occasioni mi sono domandata a cosa serva fornire dei dati del genere. Credo che, se i requisiti di trasparenza cui occorre aderire, richiedono che vengano resi noti i dati relativi i tempi di attesa, sia per offrire un servizio al cittadino che può serenamente scegliere in quale struttura prenotare una prestazione per riceverla nel più breve tempo possibile; al tempo stesso, un sistema chiaro ed inequivocabile dovrebbe consentire di spalmare le varie prestazioni su tutto il catalogo delle strutture sia pubbliche sia private, ottimizzando così le liste d’attesa e l’investimento che il SSN ed il SSR fanno quando attribuiscono un budget agli istituti privati accreditati.
Premesso ciò, dal momento che la Riabilitazione rappresenta sicuramente un settore in cui il SSN è costretto ad avvalersi di struttura esterne per soddisfare la richiesta, mi sembra che l’argomento potrebbe essere interessante per qualcuno che capita su queste pagine. Non dimentichiamo che purtroppo ancora oggi esiste troppo spesso una discriminazione tra pubblico e privato accreditato, nonostante ripetute delibere regionali affermino che non esiste e non deve esistere alcuna differenza tra queste due realtà del contesto sanitario nazionale e che il cittadino deve essere libero di scegliere ove afferire.
Dicevo dunque che “galeotto fu il TG”, tanto che nei giorni successivi ho cercato materiale ed ulteriori informazioni sullo studio ( http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2112108.pdf). Si tratta di un’analisi di dati rilevati da 4 regioni campione (Lombardia, Veneto, Lazio e Campania) le cui caratteristiche demografiche sono state reputate significative in proiezione sul territorio nazionale. Sono state considerate alcune tra le più frequenti prestazioni diagnostiche, la visita ortopedica e la visita oculistica, ed i dati sono stati lavorati considerando tempi di attesa e costi sostenuti dall’assistito. L’aspetto innovativo di questa analisi è rappresentata dall’analizzare in modo differenziato e comparativo i dati tra pubblico, privato accreditato, privato in solvenza ed intramoenia. Questo modo di sviscerare i numeri rilevati consente di avere un effettivo specchio della situazione reale. Proiettando i risultati nella media nazionale, si rileva che tutte le prestazioni in analisi “a costo ticket” hanno un tempo di attesa minore nel privato accreditato rispetto al pubblico (unica eccezione la coronarografia), mentre se la prestazione viene pagata dall’assistito, le visite e la diagnostica radiologica di base hanno un tempo d’attesa più breve nel privato accreditato; infine, le procedure diagnostiche a maggiore complessità vengono erogate più velocemente in intramoenia, anche se spesso il costo è maggiore rispetto al privato solvente.
A questo punto mi è sorto il desiderio di sbirciare qua e là nelle ASL dello Stivale, in modo del tutto casuale, per vedere come veniva rappresentato (e gestito) lo strumento di comunicazione delle liste d’attesa e devo dire che sono emersi dati curiosi, che cercherò di sintetizzare.
Azienda USL Toscana Centro: “Criteri di formazione delle liste d’attesa”.
Cito testualmente dal sito web: “Il tempo di attesa s’intende soddisfatto quando l’Azienda sanitaria garantisce la prima disponibilità in almeno un punto di erogazione, direttamente o attraverso la rete dei soggetti accreditati convenzionati o per mezzo dell’Azienda ospedaliero-universitaria che insiste nel proprio territorio”.
Non è dato sapere quale sia la sede dove il tempo di attesa è minore, quindi mi domando quale utilità possa avere per il cittadino questa informazione e, dal momento che questa righe si trovano nell’ambito di un capitolo denominato “Amministrazione trasparente”, sinceramente fatico a rilevare la trasparenza!
Regione Campania
Navigando tra le varie pagine, alla fine, nonostante la Campania sia una della 4 regioni campione dello studio, si riesce a trovare una tabella alquanto scarna in cui compaiono poche prestazioni (in parte sovrapponibili a quelle considerate da CREA Sanità) con indicati i tempi medi di attesa a livello nazionale paragonati ai tempi medi (ma non è specificato come venga calcolata la media) della Regione Campania. Inutile dire che i tempi d’attesa della Campania sono migliori rispetto alla media nazionale.
Girovagando ancora nel sito della Regione, si trova anche la nota di un decreto del 2017 in cui per l’efficace governo dei tempi e delle liste d’attesa, venivano bloccate le prestazioni in intramoenia nei casi in cui tali interventi superassero oltre la media nazionale quelli già in lista d’attesa, non ritenendo più tollerabili situazioni in cui “i cittadini sono costretti ad attendere mesi mentre altri possano scavalcarli, pagando, per essere operati nella stessa struttura pubblica”.
Regione Puglia
Tanto di cappello a questa regione che rende disponibili i dati complessivi, e differenziando quelli relativi le strutture pubbliche e quelle private. Nelle tabelle sono indicate le percentuali di corrispondenza analizzate in base alle diverse categorie di urgenza delle prestazioni. Ho dato ovviamente un’occhiatina alla Visita Fisiatrica, e nei dati riferiti al 2° semestre del 2017 si evince che le strutture private danno una risposta più solerte nei casi in cui è richiesto un rapido intervento (U, B e D), contribuendo a migliorare in modo significativo il risultato valutato nella sua totalità regionale.
Regione Umbria
Vengono date poche informazioni, indicando il tempo massimo di erogazione di una prestazione, senza differenziare tra erogatore pubblico e privato, ma riferendosi solo ai vari distretti.
Regione Lazio
Rovistando tra le pagine dell’ASL 1 Roma, colpisce soprattutto che cercando come parole chiave “Liste d’attesa” o “Tempi d’attesa”, non viene rilevato alcun risultato!
Non credendo possibile ciò, mi sono trasferita nell’ASL 2 Roma e qui almeno qualche risultato è emerso, anche se poco consolante. Dopo una serie di premesse che, piuttosto che chiarire la metodica di rilevo dati, fa emergere una fitta nebbia, si arriva ad un passaggio in cui si dichiara che come metodo di calcolo “è stato scelto un centro di erogazione per ogni distretto” (in base a quali caratteristiche?) e che “per ogni centro di erogazione viene calcolato il tempo medio di attesa su tutte le richieste ordinarie pervenute nel mese in esame”. A questo punto ci si ritrova con una colorata tabella sullo schermo in cui sarebbero espressi i dati di settimana in settimana…. Peccato che poi non si riesca a comprendere che significato dare a tutti quei bei numerini …..
Regione Sicilia
La ASL di Agrigento fornisce dati fumosi, considerando solo le urgenze B e D e non differenziando tra pubblico e privato.
La ASL di Palermo fornisce dati riferiti ai distretti, contemplando le urgenze B, D e P ma anche qui nessuna distinzione tra diversi erogatori.
Regione Veneto
Fornisce dati molto dettagliati, anche troppo. I tempi medi di attesa sono differenziati per classe di urgenza, viene considerato se l’assistito accetta il primo posto disponibile o se lo rifiuta (per essere magari più vicino al proprio domicilio), e ogni singola prestazione viene riferita a ogni singola struttura. E’ probabilmente necessario evidenziare che il Veneto è la regione in cui la proposta pubblica prevarica numericamente in modo netto quella privata.
Regione Lombardia
Ora temo che per quanto sto per scrivere verrò accusata di campanilismo, tuttavia la Regione Lombardia è in assoluto quella che fornisce le informazioni più chiare e complete. Si inizia da una pagina in cui sono elencate le 8 ASL; cliccando sulla ASL che interessa si viene dirottati su una pagina in cui, passando per “Amministrazione trasparente” e di seguito “Tempi di attesa”, viene offerta la possibilità di scegliere mediante liste a tendina tra le varie prestazioni. A questo punto si apre un elenco di tutti i presidi pubblici e privati accreditati in cui è possibile effettuare la prestazione selezionata: l’ordine in cui le strutture appaiono è rigorosamente crescente, dal minor tempo d’attesa indicato. La ciliegina sulla torta è infine rappresentata dal fatto che se si clicca su una struttura qualsiasi di quelle in elenco (anche quelle private!), immediatamente si viene reindirizzati ad una scheda relativa la struttura, con tutte le informazioni necessarie a prendere contatto con la stessa. In tutto questo mio navigare lungo la penisola, questo è il solo caso in cui la struttura pubblica e quella privata sono realmente messe sullo stesso piano, senza discriminazioni.
Alla fine di questo “viaggio” virtuale, consentitemi di fare qualche osservazione, in attesa di conoscere le esperienze e le opinioni di chi vorrà sprecare qualche parola nei commenti. Credo che se qualche legislatore un bel giorno ha pensato che fosse necessaria la trasparenza nella gestione delle liste di attesa, fosse per evitare loschi traffici di prestazioni e agevolare l’assistito nella sua scelta in sede di prenotazione. Invece, nella maggior parte dei casi, si ha l’impressione che questi dati vengano pubblicati “interpretando” in modo molto italico l’ennesima normativa, e cercando di soddisfare la norma in modo perimetrale. Purtroppo viviamo in un Paese in cui si fanno molte leggi, troppe leggi, senza però che poi ci sia qualcuno a vigilare sulla loro concreta e reale applicazione.
Ora, vorrei ricordare che attualmente gli ambulatori privati accreditati hanno un contratto con un budget ben definito, al cui esaurimento nulla in più verrà corrisposto dal SSN. Quale miglior controllo di questo? Inoltre, i contratti che vengono firmati con le ASL impongono di “spalmare” il budget su tutto l’anno solare.
Sento il Ministro Grillo (scusatemi, ma non riesco proprio a trasformare in femminile un sostantivo grammaticalmente maschile: al massimo lo posso concepire come neutro) parlare di riforma dell’intramoenia nelle Aziende Ospedaliere nell’ambito di una migliore gestione delle liste d’attesa.
Non conosco il significato di queste manovre, ma il sospetto è consentito. Va sicuramente meglio, e questo lo dimostra un articolo del 2010 sul portale FNOMCEO sull’argomento della pubblicazione da parte delle ASL dei dati su tempi e liste d’attesa. 8 anni fa risultava che solo il 34% dei siti internet fornivano questi dati e solo il 33% delle regioni (7 su 21) riportava sui propri siti dati su tempi reali e/o massimi di attesa. Però sarebbe necessario distinguere tra dare numeri e fare informazione: nel primo caso ci si limita a non superare la linea rossa tra lecito e illecito, nel secondo si cresce e si migliora un servizio.
Queste pagine sono state create per dare voce ai Fisiatri e per stimolare discussioni costruttive per la nostra professione, quindi spero di aver stuzzicato l’interesse di qualcuno: leggerò con attenzione le considerazioni che seguiranno. Avanti il prossimo.
Se ce ne fosse stato bisogno si dimostra che i Fisiatri anche in ambulatorio sono capaci,oltre che svolgere compiti clinici anche complessi essendo sempre aggiornati per rispondere personalmente ai bisogni ed alle verifiche dirette degli utenti,anche ad analizzare gli aspetti gestionali dei servizi (costi,accessibilità, efficacia ed efficenza,soddisfazione,sostenibilità…)indicando zone oscure e negative delle decisioni nazionali e regionali.
Mi auguro che la Simfer ed il Simmfir sappiano sviluppare a questo livello le argomentazioni per difendere le attività ambulatoriali della nostra Disciplina contro l’astrattezza demagogica del Decreto Lea e contro le prevaricazioni e la penosa confusione organizzativa di molte Regioni.
Tempestività delle cure riabilitativa ad ogni livello per ottenere efficacia ed accessibilità massima (i nostri pazienti sono disabili e spesso anche anziani) vanno di pari passo con attese minime e libera possibilità di accesso alla sede di cura.
Dovremmo pretendere una regola di “km. Zero” non solo per frutta e verdura ma anche per la Medicina Fisica e Riabilitativa territoriale!!
Cara Morena
Molto interessante il tuo contributo, molto dettagliato e preciso. Avendo lavorato solo nel pubblico confesso di essere troppo, forse, di parte essendo convinto del tutto della potenzialità positiva del pubblico, almeno forse di qualche decennio fa.Quindi dichiaro a priori il mio conflitto di interessi ideologico anche se invecchiando ho imparato a generalizzare il meno possibile perchè il buono puó esistere anche nell’inferno ed il cattivo puó essere anche nel paradiso. D’altrocanto ho visto nel privato accreditato, da parente di paziente, troppo interesse nel risparmiare e purtroppo ricoveri anche opportunistici ma purtroppo ho visto anche il pubblico scimmiottare questi atteggiamenti poco etici e quindi ormai 1-1 e palla al centro.
Ma veniamo alle liste di attesa e certamente i dati che hai raccolto dimostrano che da noi il federalismo altro che esistere IMPERA. Dai dati fumosi a quelli mancanti, da quelli esuberanti dove magari ci si perde a quelli criptici! Ma anche se avessimo tutti i dati precisi divisi per struttura io mi sono sempre chiesto chi è il più virtuoso. È più virtuoso chi fa una visita oculistica dopo 5 giorni perchè nessuno vuole andarci in quando quel specialista vede il fundus in 5 secondi oppure chi fa una visita oculistica dopo 90 giorni ma che poi oltre alla diagnosi accurata ti prende in carico per una eventuale terapia? I tempi di attesa sono importanti ma direi di più la qualità percepita e quindi bisognerebbe calcolare anche questo parametro. Certo anche questo valore puó essere falsificato o con conoscenti compiacenti o con atteggiamenti opportunistici piuttosto che avere comportamenti seriamente professionali! Insomma fatta la legge trovato l’inganno! Forse avremmo bisogno di maggiore calvinismo o di vecchia educazione civica che ormai non si sa più cosa è.
Un caro saluto
David