di Donatella Bonaiuti
Da più parti mi viene segnalato che alcune pratiche conquistate, appropriate e consolidate stanno venendo meno presso i numerosi ospedali ove svolgiamo la nostra attività.
Mi riferisco all’attività riabilitativa presso i reparti per acuti. Questa è una attività da sempre svolta da tutte le Unità Operative di Medicina Fisica e Riabilitativa che hanno sede all’interno degli ospedali , il più delle volte contemporaneamente a quella ambulatoriale.
Mentre quest’ultima sta rivestendo un ruolo prioritario per le interessanti prospettive di riorganizzazione del territorio e per le opportunità che potrebbe offrire soprattutto per affrontare il problema della cronicità, il versante degli acuti (“acute rehabilitation”) che dovrebbe presentare una organizzazione ormai consolidata, sta subendo un deterioramento qualitativo a causa della mancanza di risorse e talora di atteggiamenti rinunciatari da parte fisiatrica. Ritorna, come avveniva un decennio fa, la più o meno silenziosa pretesa di attribuire i fisioterapisti ai diversi reparti per acuti, alle dipendenze dirette degli stessi specialisti d’organo. Sono organizzazioni che noi abbiamo ovviamente sempre deprecato e superato basandoci sui criteri di appropriatezza degli interventi riabilitativi e sul lavoro in team coordinato dal medico fisiatra, ove tutte le professionalità intervengono con la loro specificità alla messa in atto del PRI.
La mancanza di fisioterapisti può produrre una non sufficiente tempestività negli interventi per i pazienti acuti, la mancanza di fisiatri può d’altra parte causare una minore attenzione all’accurata valutazione del paziente, alla organizzazione tempestiva del trattamento secondo le sue necessità riabilitative, all’avviare in modo appropriato il suo percorso anche dopo la dimissione.
Vorrei dire a tutti di essere attenti anche su questo fronte, che anche qui dobbiamo essere vigili, solleciti, e mantenere al massimo la nostra competenza specifica delle diverse disabilità che emergono nei reparti per acuti , consapevoli del nostro sapere specialistico e professionalmente unico . Pur nelle difficoltà attuali occorre razionalizzare le nostre energie e organizzarci al meglio per non perdere quanto acquisito finora, nella nostra situazione lavorativa da noi stessi e a livello nazionale da chi ci ha preceduto.
Ogni paziente che necessita di riabilitazione deve avere la visita fisiatrica tempestiva , con una accurata valutazione della sua funzionalità, una prognosi riabilitativa, la declinazione nei programmi riabilitativi conseguenti e l’avvio del percorso riabilitativo anche successivamente al la dimissione. Deve esserci una condivisione di tutto ciò con i fisioterapisti e/o i terapisti occupazionali che con noi lavorano.
Questo anche perché, oltre tutto, è più economico per l’Azienda ospedaliera che tutti i tecnici della riabilitazione attivi all’interno dell’ospedale vengano attribuiti all’Unita Operativa di Medicina Fisica e Riabilitativa, ed è da mettere in rilievo con la Direzione Generale:
perché la frammentazione presso i diversi reparti richiederebbe più operatori su ogni posto,
perché non tutti i pazienti necessitano di un trattamento riabilitativo ma talora di una valutazione fisiatrica e un monitoraggio nel tempo della loro condizione funzionale,
perché spesso viene in realtà richiesto un trattamento riabilitativo a rimedio della sindrome d’allettamento prodotta dalle carenze assistenziali.
Spero che queste mie note vengano smentite da risposte e commenti che dimostrino che non è così e che in realtà vi è in tutti gli ospedali una piena comprensione e apprezzamento della specificità del PRI e del nostro operare.
Cara Donatella
hai perfettamente ragione e temo che non avrai molte smentite perchè la distribuzione dei fisioterapisti nei reparti di acuzie era una situazione vecchia a cui si sta rischiando di tornare (voluta da associazioni di categoria e magari da amministratori/politici sensibili solo al risparmio) e che fanno fare passi appunto indietro alla RIABILITAZIONE in quanto a suo tempo venivamo accusati da alcuni nostri detrattori di essere autoreferenziati e di non volere il team per una scelta di pavoneggiamento individualistico (a volte innegabili) mentre oramai da anni siamo spesso gli unici che difendono il lavoro in team. Nella mia specifica esperienza personale ho vissuto decenni fa le realtà (specialmente ortopediche) con i propri o addirittura proprio fisioterapisti/a e non l’ho accettata, ed all’inizio senza nemmeno essere compreso dai colleghi. Successivamente gli stessi ortopedici hanno compreso l’utilità della valutazione fisiatrica ed i fisioterapisti hanno visto il loro lavoro più tutelato e compreso ma anche, e direi principalmente, questo tipo di impostazione del lavoro è stato apprezzato dai pazienti che hanno visto che in ortopedia iniziava un PERCORSO che così veniva programmato anche per dopo la dimissione sempre più rapida dal reparto di acuzie. Il lavoro in team non è facile (non me lo nascondo) ma certamente è l’unica risposta di un percorso, spesso complesso, di disabilità temporanea o permanente. Ma temo che la nostra Società riesca a distruggere tutto quello che di bene nella storia si è costruito faticosamente per poi ascoltare fra qualche anno, in qualche congresso, alcune esperienze estere “mirabolanti” di alcuni relatori, che magari ci chiedono a nostre spese di viaggare solo in business class, e che ci parlono dell’ “acqua calda”. Siamo spesso bravissimi ad imparare da stranieri ciò che abbiamo costruito noi stessi, perdendo poi il rispetto per i successi conseguiti con contemporanee amnesie da parte anche di chi per interessi personali ha svenduto e svende il nostro futuro.