Giusto un anno fa, dopo un gradevole confronto con il Collega Miraglia, decidemmo di scrivere a quattro mani una mini-revisione sull’approccio terapeutico verso le gonalgie da meniscopatia per evidenziare i dati emersi dai più recenti studi, i quali confermavano la dubbia appropriatezza della scelta chirurgica rispetto ai trattamenti conservativi.
Nei giorni scorsi mi sono imbattuta nell’ennesimo articolo pubblicato sul British Journal of Sports Medicine (1) in cui vengono esposti i risultati di un lavoro condotto dall’Università di Helsinki su 146 pazienti con diagnosi di lesione sintomatica del menisco mediale imputabile a gonartrosi iniziale, tutti sottoposti ad artroscopia diagnostica. Nel 50% dei casi è stata praticata una meniscectomia selettiva; il restante 50% è stato considerato gruppo controllo. I follow-up clinici e radiologici sono stati estesi a 5 anni e sono state utilizzate tre scale di valutazione della sintomatologia e della funzionalità articolare di uso comune: la Western Ontario Meniscal Evaluation Tool, la Lysholm knee score e la Knee pain after exercise. La progressione degenerativa artrosica è stata invece valutata attraverso il passaggio a un grado più elevato nella classificazione di Kellgren e Lawrence, e attraverso l’incremento dell’osteofitosi marginale femoro-tibiale ed il restringimento dello spazio articolare secondo il sistema di misurazione sviluppato dalla Osteoarthritis Research Society International.
Al termine del follow-up è stata osservata una maggiore progressione degenerativa nel gruppo trattato chirurgicamente rispetto al gruppo “placebo”. La sintomatologia invece risultava migliorata in modo sovrapponibile nei due gruppi, tuttavia nei pazienti sottoposti a meniscectomia è stata rilevata una proporzione maggiore dei disordini di tipo meccanico.
E’ sufficiente dare un’occhiata su Pub Med per accorgersi di quanti siano gli studi che dimostrano la quantomeno dubbia validità dell’approccio chirurgico in determinate patologie articolari e, nello specifico, nella degenerazione dell’articolazione del ginocchio. Tuttavia nella pratica clinica quotidiana ancora troppo spesso ci capita di riscontrare un intervento chirurgico come primo step nel trattamento di un ginocchio che, molto probabilmente, sarebbe andato incontro ad un destino migliore (o comunque, non differente) se fosse stato approcciato in modo conservativo. Ovviamente nasce il lecito dubbio che esistano interessi economici nell’effettuare alcune scelte. La perplessità maggiore riguarda comunque la consapevolezza che, in epoca di restrizioni economiche per la nostra Sanità, in momenti in cui sarebbe indispensabile ponderare in modo accorto come e dove destinare le risorse (poche) disponibili, prendere atto di questi dati sarebbe utile oltre che doveroso ed etico.