Il Consiglio di Stato si è pronunciato favorevolmente al ricorso del Sindacato italiano dei medici di medicina fisica e riabilitativa (SIMMFIR) che ha chiesto l’annullamento della delibera 1057/19 dell’AUSL Toscana Centro, relativa all’approvazione del progetto di sperimentazione del modello assistenziale ‘Fisioterapista di Comunità’, da applicarsi nella medesima AUSL.
Azione promossa ovviamente non dall’attuale Segretario del SIMMFIR, ma dalla Segreteria dell’epoca.
Si é sviluppato cosí nei giorni scorsi un dibattito interessante sulla stampa di settore, a cui peraltro sono rimasti estranei i massimi vertici della Fisiatria nazionale, ma che ha visto presente invece la collega Donatella Bonaiuti (ANF).
Molto interessante l’intervento della Bonaiuti, pubblicato su Quotidiano Sanità il 21 novembre.
Dice la Bonaiuti”Quello che va affermandosi sulla stampa in queste settimane parlando di “organizzazione delle Case della Salute col Fisioterapista di Comunità”, rischia di creare una grande confusione per chi non è interno alla disciplina medica ma, soprattutto, rischia di danneggiare il cittadino paziente che, ignaro delle differenze sostanziali tra la laurea in medicina con successiva specializzazione in Fisiatria (10 anni complessivi), e la laurea nelle professioni sanitarie della riabilitazione (3 anni complessivi), si affiderebbe ad un servizio offerto dal Servizio Sanitario Nazionale, credendo di poter usufruire di un trattamento sanitario efficace solo perché più immediato. Peccato che non sia proprio così!”Infatti nonostante le chiarissime e inappellabili motivazioni del pronunciamento del Consiglio di Stato,sembra che ad alcuni fisioterapisti neanche il massimo organo della giustizia amministrativa riesca ad accendere il lume di una pacata riflessione su quello che debba essere un sistema organizzativo in cui i ruoli vengano rispettati, nello stesso interesse dei singoli professionisti, ma soprattutto del risultato finale, che é poi l’unico goal che interessa al Paziente.
“ Bonaiuti continua “a mio avviso per affrontare correttamente il problema della riabilitazione territoriale che a noi sta più a cuore all’interno del Chronic Care Model, un modello di gestione dei pazienti cronici di derivazione statunitense, non basta la presenza del solo fisioterapista, che pure è essenziale per la sua expertise, così come lo è, altresì, quella delle altrettanto fondamentali figure professionali della riabilitazione (logopedista, psicomotricista, neuropsicologo, psicologo, terapista occupazionale, massoterapista, podologo, tecnico ortopedico ecc. a seconda dei casi)”.
“Bisogna far attenzione a non pronunciare facili slogan…molto pericolosi, e non finiremo mai di ripeterlo, per le false aspettative che generano nei lettori non padroni della materia. Il fisiatra, come figura professionale altamente qualificato, è l’esperto che ha la competenza e la legittimazione per effettuare una valutazione medico-specialistica completa preventiva e diagnostica approfondita dei pazienti, individuando le specifiche esigenze e i trattamenti necessari. Troppo spesso si dimentica che per prendere in carico una persona (che abbia mal di schiena o disturbi nel cammino, o che abbia dolori o deterioramento cognitivo che compromettano il funzionamento nella quotidianità o che abbia avuto un ictus) occorre una diagnosi medica (per il dolore addominale da chi si va? Per le palpitazioni da chi si va?). Coloro infatti che hanno bisogno di riabilitazione sono il più delle volte persone in condizioni di disabilità cronica, plurimorbide e con significative comorbilità interagenti, ed quindi è necessario innanzitutto una visione medico riabilitativa, insieme alla gestione indiscutibile del medico di medicina generale, per la sicurezza degli interventi e per la loro efficacia”.
“L’appropriatezza degli interventi che la presa in carico del paziente ne consegue produce , oltre alla risposta al diritto alla salute dei cittadini, consente anche di ottenere una maggiore efficienza e risparmio dei costi, cosa che ai funzionari e ai programmatori sanitari miopi non è noto. Questa valutazione è fondamentale per garantire che il percorso riabilitativo sia mirato, sicuro ed efficace. Senza la valutazione medica preventiva del fisiatra, qualsiasi inizio di percorso riabilitativo rischia di essere privo di sicurezza e di fondatezza”.
“La partecipazione attiva del fisiatra alla presa in carico riabilitativa dei pazienti è dunque un passaggio critico che assicura che i pazienti ricevano le cure migliori e in sicurezza in base alle loro esigenze individuali. Fermo restando che il coordinamento tra il fisiatra e il fisioterapista e tutte le altre figure professionali del team riabilitativo è essenziale per garantire la qualità delle cure e la coerenza del trattamento”.
“In conclusione, è imperativo sottolineare che senza la valutazione preventiva e la prescrizione del percorso riabilitativo da parte del fisiatra, qualsiasi iniziativa di riabilitazione proposta soprattutto nel territorio ove il paziente troppo spesso non ha riferimenti specialistici (anche per carenza di medici), risulta incompleta e potenzialmente inefficace. Diventa un trattamento di ‘serie B’ che i cittadini non si meritano. Il ruolo del fisiatra deve essere adeguatamente riconosciuto e preservato per garantire la qualità e l’efficacia delle cure riabilitative per i pazienti, in particolare in situazioni di cronicità e integrazione sociosanitaria. Pertanto qualsiasi innovazione organizzativa dovrebbe essere attentamente ponderata e non guidata solo da pressioni economiche o di tipo lobbystico, bensì deve poter far prevalere l’interesse costituzionale del cittadino per garantire che non minacci la qualità e la sicurezza delle cure, ma piuttosto le rafforzi attraverso una collaborazione efficace tra le diverse figure professionali coinvolte”
Ringraziamo Donatella Bonaiuti per aver dato voce anche ai Fisiatri ultimamente sempre più distratti o troppo impegnati a circolare nei corridoi ministeriali.