La base normativa di rango costituzionale che sancisce in modo esplicito il diritto alla salute è l’art. 32.
La nozione di “salute” oggi non racchiude in sé soltanto il significato di integrità fisica del soggetto sottoposto alle cure ma ingloba anche quella psichica. Come infatti si dichiara nel Preambolo della Costituzione dell’OMS, la salute non è più intesa come mera assenza di malattia o infermità, ma come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Il godimento del livello di salute più elevato possibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, credo politico, condizioni economiche e sociali”.
Se lo spazio normativo in tema di salute dell’individuo in generale è ricco di argomentazioni, non sono di certo mancati gli interventi nello stesso tema ma in relazione ai minori. Si pensi alle norme internazionali in tema di tutela dei diritti dei minori (ad es. la Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo, la Convenzione di Oviedo, la Convenzione europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del minore, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, etc.) nonché alla normativa statale che ha dato attuazione alla suddetta normativa (ad es. gli articoli 315-bis, 336-bis e 337-octies c.c.).Tutte riconoscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessi.
Come tutti sappiamo, “minore di età” è “ogni bambino e adolescente avente un’età inferiore a diciotto anni, salvo che abbia raggiunto prima la maggiore età in virtù della legislazione applicabile” (così si legge nell’art. 1 del Codice del diritto del minore alla salute e ai servizi sanitari).
Concetto giuridico noto a molti, il minore degli anni diciotto non possiede la capacità di agire, cioè la capacità di compiere gli atti giuridici che concernono la propria sfera di interessi. Egli, anche quando è dotato di capacità di discernimento, è considerato un “incapace legale”.
La capacità di agire si acquista con il compimento del diciottesimo anno, un’età in cui si presume che il soggetto acquisti la maturità necessaria per autodeterminarsi e provvedere alla cura dei propri interessi (cfr. art. 2 cod. civ.). Prima di quel momento, gli atti relativi al minore, tranne i casi di emancipazione e alcune altre situazioni specificatamente previste dalla legge, vengono compiuti dai genitori, in quanto titolari della responsabilità genitoriale (art. 316 c.c.) e, quindi, suoi legali rappresentanti. L’art. 316 cod. civ. attribuisce espressamente ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale, la quale deve essere esercitata di comune accordo o da un solo genitore qualora l’altro genitore sia morto o decaduto o sospeso dalla potestà genitoriale.
Se è vero che spesso le scelte e l’intervento dei rappresentanti legali sono necessari per garantire l’interesse del minore, è altrettanto importante garantire il principio di autodeterminazione del minore, consentendo allo stesso di partecipare alle scelte che lo riguardano, qualora sia dotato di un’adeguata capacità di discernimento.
Come sappiamo, il principio del consenso informato trova la sua base giuridica in primis nella nostra Costituzione: l’art. 32, che esclude che un individuo possa essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, salvo che per disposizione di legge e nel rispetto della persona umana; l’art. 2, che tutela tutti i diritti inviolabili dell’uomo, tra cui quello della salute; l’art. 13, che sancisce l’inviolabilità della libertà personale, la quale si esplica anche nell’atto di poter decidere circa la propria salute. Anche il codice di deontologia medica, all’art. 35, impone al medico l’obbligo di acquisire il consenso del paziente e, dunque, il divieto di “intraprendere o proseguire in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato”.
Inoltre, la Legge del 22 dicembre 2017 n. 219 in materia di consenso informato e direttive anticipate di trattamento è di fondamentale importanza. Essa, mediante l’art. 1, mette al centro di tutto la persona umana ed è formulata al fine di garantire un forte coinvolgimento del paziente nelle decisioni relative ai trattamenti sanitari. È una sorta di medicina “nuova” che tiene conto non solo degli aspetti clinici ma anche di quelli relativi alla personalità di ogni individuo (fisica, psichica, morale, relazionale…).
Se al centro di tutto c’è la persona umana, allora anche le politiche riguardanti i minori dovranno garantire sempre il «superiore interesse» dello stesso, che deve essere garantito in ogni caso; tutte le decisioni in materia di trattamenti sanitari devono essere ispirate a questo obiettivo.
L’interesse del minore costituisce lo scopo delle scelte sanitarie e contestualmente il parametro che consente di ponderare ed operare tali scelte.
Riprendendo l’art. 316 c.c., è lo stesso che afferma, al terzo comma, che il giudice, nella decisione dei singoli casi concreti, debba suggerire “le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio”. E ciò deve avvenire “sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”.
Certamente, bisogna effettuare una distinzione di fasce di età per poter parlare di capacità di discernimento. È chiaro che prima dei 6-7 anni un bambino non è ancora in grado di esprimere un giudizio e dunque un consenso autonomo. Nella fascia che va tra i 7 e i 13 anni di età un bambino acquista già una maggiore consapevolezza e potrebbe essere coinvolto nel consenso, anche se a prevalere sarà comunque quello dei genitori. Infine, dopo i 14 anni il bambino dovrebbe essere prioritariamente coinvolto anche se il consenso, sotto il profilo giuridico, compete pur sempre ai genitori. Quest’ultima fascia scende ai 12 anni per determinate situazioni o ad un’età inferiore qualora il minore sia dotato di capacità di discernimento.
L’art. 316 c.c. non è l’unico che sancisce l’importanza dell’ascolto del minore e del diritto di questi a ricevere le informazioni relative al proprio stato di salute.
L’art. 3 della Legge 219/2017 prevede espressamente che anche la persona minore di età ha diritto a ricevere le informazioni relative al proprio stato di salute in modo consono alla sua capacità per essere messa in condizioni di esprimere la sua volontà. Bisogna precisare che la legge in esame non sancisce in modo pieno il principio di autodeterminazione del minore: l’effettivo consenso al trattamento sanitario può essere espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale (o dal tutore), ma sottolinea comunque l’importanza di tener conto della volontà del minore “in relazione alla sua età e al suo grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità”.
Anche l’art. 24 della Carta dei Diritti dell’UE, rubricato “Diritti del minore”, afferma l’importanza del superiore interesse del minore e il diritto di questi di essere ascoltato. Esso, dopo aver ricordato il diritto dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, riconosce agli stessi la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione, che dovrà essere tenuta in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.
Ancora, il nuovo “Codice del diritto della persona di minore età alla salute e ai servizi sanitari”, emanato nel 2020 dai Garanti Regionali dell’Infanzia e Adolescenza e delle Province Autonome, dedica attenzione al tema del consenso informato del minore. In particolare, l’art. 11 riconosce al minore il diritto di essere preparato e informato costantemente sulle sue condizioni di salute e in merito a ogni procedura in cui verrà coinvolto. L’informazione deve riguardare sia i contenuti delle decisioni diagnostiche o terapeutiche, sia le conseguenze della mancata esecuzione del trattamento sanitario, in caso di rifiuto o di ritiro del consenso precedentemente dato.
L’informazione deve avvenire usando un linguaggio comprensibile e adeguato all’età del minore, al suo sviluppo e alla sua maturità, utilizzando modalità (spazi, modi, tempi e strumenti) che rispondano alle sue condizioni. In caso di minori e genitori di origine straniera con difficoltà di comprensione linguistica, la struttura sanitaria deve predisporre adeguate forme di informazione, in particolare attraverso servizi di interpretariato e/o di mediazione linguistico-culturale (art. 11 Codice cit.).
Una volta adeguatamente informato, come chiarisce l’art. 5 del codice, il minore ha il diritto di essere ascoltato su ogni questione sanitaria che lo riguardi e la sua opinione deve essere tenuta in debita considerazione in funzione della sua età e del suo grado di maturità. La partecipazione del minore contribuisce non solo a promuovere il suo sano sviluppo e il suo benessere, ma anche a migliorare le politiche, i servizi sanitari e le prassi, in modo da avvicinarsi sempre di più ad una tutela effettiva dell’interesse del minore.
L’art. 13, inoltre, riconosce persino al minore il diritto di essere coinvolto e di esprimere liberamente il proprio consenso o dissenso in merito a ogni decisione relativa alle pratiche sanitarie che lo riguardano, in ragione della sua capacità di discernimento. È compito del medico e dell’operatore sanitario (limitatamente agli atti di sua specifica competenza) valutare la capacità di discernimento del minore tenendo in considerazione l’età, la situazione familiare, psicologica e culturale.
Il minore è capace di discernimento, in ragione della sua età e del suo grado di maturità, quando ha la capacità di comprendere e valutare la situazione che sta vivendo, le indagini diagnostiche e i trattamenti terapeutici a cui dovrebbe essere sottoposto, le conseguenze del suo consenso e del suo rifiuto, in modo da poter effettuare scelte consapevoli e libere.
Il medico è tenuto ad accompagnare e sostenere il percorso di cura, fornendo ogni informazione e dando risposte adeguate e comprensibili al minore e alla sua famiglia al fine di instaurare quel rapporto di fiducia e di “alleanza terapeutica” fondamentale per affrontare in modo corretto la malattia.
Il minore è libero di revocare, in qualsiasi momento, il consenso precedentemente dato.
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