Il Fisiatra nel reparto di degenza riabilitativa intensiva



di Giovanni Augello

Nel corso dell’esperienza lavorativa di medici fisiatri ci ritroviamo a trattare disabilità provenienti da patologie più svariate. Quando ci si occupa di disabilità ci si occupa di ogni forma di restrizione della partecipazione, che può derivare da diverse menomazioni determinate dalle più svariate cause. L’università e l’esperienza ci hanno insegnato che non è pensabile trattare le alterazioni del funzionamento globale senza conoscere e gestire le menomazioni e le patologie che sono causa di tale disabilità e le complicanze insorte in seguito alla disabilità. Al riguardo tutti noi sappiamo che il medico che si occupa di riabilitazione, soprattutto se in una struttura di degenza di Riabilitazione Intensiva si trova a fronteggiare oltre alle complicazioni derivanti dalla ridotta attività motoria (quali le tromboembolie venose, setticemie, riacutizzazioni flogistiche broncopolmonari, riacutizzazioni di scompenso cardiaco, per citarne alcune) anche la gestione della riacutizzazione delle comorbilità solitamente preesistenti (ipertensione mal controllata, diabete scompensato, anemizzazione, labilità di compenso emodinamico, aritmie ecc.). A mio parere, a meno di gravi riacutizzazioni non gestibili in un reparto riabilitativo, la gestione clinica diretta dovrebbe rimanere di competenza fisiatrica per tre motivi essenziali:

1) evitare un inutile e costoso aggravio sulle spalle di colleghi e strutture per acuti che debbono gestire ben altre emergenze ed urgenze;

2) evitare ai pazienti stressanti ed eccessivi percorsi verso altri reparti/ambulatori. Chi gestisce strutture riabilitative extraospedaliere sa benissimo quanto siano debilitanti per il paziente trasferte in pronto soccorso e rientri in degenza a volte nella stessa giornata;

3) garantire un unicum terapeutico-riabilitativo evitando dispersioni dell’approccio impostato in equipe riabilitativa (l’approccio terapeutico può avere molte volte visuali diverse a seconda delle caratteristiche cliniche ed anamnestiche del paziente che solo chi lo ha in cura continuativa può conoscere).

Per quella che è la mia esperienza, portare avanti un progetto riabilitativo volto ad ottimizzare la funzionalità globale del paziente significa far fronte, in prima persona, alle variabilità cliniche che si incontrano prendendoci la responsabilità di primi referenti del trattamento e della gestione di queste patologie (comunque coadiuvati da eventuali consulenti all’occorrenza naturalmente). E’ questo il fascino a mio avviso della nostra splendida branca: non essere solo prescrittori di ausili, responsabili del progetto riabilitativo, esperti di lombalgia, manipolatori, infiltratori ma soprattutto medici che prendono in carico a 360° un paziente solitamente dal quadro clinico complesso.

Il prof. Leonardo Vecchiet, quando nel 1998 vide la mia faccia perplessa dopo che alla mia domanda di tesi di laurea nella branca fisiatrica mi propose la riabilitazione del post-infartuato, mi disse: la fisiatria è una vasta branca della medicina interna. Allora non capii ma con l’andare del tempo e lavorando in un reparto per post-acuzie ho compreso quanto di vero ci fosse in quelle parole. Certo non siamo internisti ma possedere una base adeguata nella gestione delle principali patologie rappresenta un bagaglio indispensabile per chi esercita in un’Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitazione. Naturalmente queste sono considerazioni personali non avendo mai esercitato in un’azienda ospedaliera grande tanto da poter disporre dell’opportunità di chiedere ed ottenere consulenze specialistiche in modo rapido. Credo che questa sia una esperienza diffusa visto che la maggior parte dei reparti riabilitativi si trova o in piccoli ospedali o in strutture extraospedaliere.

Di questo tipo di gestione clinica delle comorbilità (in cui rientra anche la prevenzione secondaria) in quanti casi attualmente se ne occupa direttamente un fisiatra?

La speranza è non sentirsi più dire che per la gestione di un reparto di riabilitazione servano altri specialisti di branche internistiche perché noi siamo comunque già attori di una branca internistica con competenze sufficienti a gestire clinicamente un reparto di riabilitazione (che non è un reparto né di acuti né di urgenza). Sembra una cosa scontata ma nella realtà dei fatti spesso non è cosi o quanto meno non è quello che l’opinione pubblica percepisce, vista la meraviglia anche di alcuni colleghi di altre specializzazioni quando ci si confronta su determinate patologie mediche. Forse questo è frutto della sensazione che abbiamo dato per anni..…

Giovanni   Augello

 

 

Total
0
Shares
3 comments
  1. Sono pienamente d’accordo con quanto dici perchè siamo sempre stati percepiti come incapaci di gestire il malato cosi come può farlo, in reparto ospedaliero, un neurologo o pneumologo o altro internista .
    Purtroppo tutto nasce dal fatto che i reparti di riabilitazione sono isolati e lontani dagli ospedali e purtroppo sono nella maggioranza a gestione privata e pertanto non è possibile richiedere la consulenza agli altri colleghi di altre branche cosi come succede invece in ogni reparto ospedaliero pubblico.
    La stessa Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione dovrebbe essere impostata per la formazione di un internista-riabilitatore-fisiatra, ma c’è troppa differenza nei programmi universitari e perfino i giovani specializzandi in altre branche mediche chirurgiche non riescono a capire cosa facciano i loro colleghi ‘specializzandi in fisiatria’ perchè di fatto in molte università nessun docente ha mai parlato di Riabilitazione.
    Vorrei tanto che anche mio figlio, da pochi giorni laureato in Medicina pieno di entusiasmo nell’affrontare il futuro, potesse innamorarsi della nostra splendida
    Specialità complessa, completa, unica nella capacità di prendersi cura della Persona, unica nel saper cogliere le vere esigenze di una Persona fragile.
    Addirittura tra le Scuole di Specializzazione siamo inseriti nella Medicina dei Servizi e in tutti questi anni non siamo stati capaci di rimanere inseriti nell’ambito della Medicina Inerna !
    Spero molto nel futuro e che la nuova generazione di Fisiatri possa riuscire a riappropriarsi di un ruolo chiaro e riconosciuto da tutti con le stesse responsabilità, competenze e opportunità definite per le altre branche specialistiche.

    Francesco M.E.CAVALLO
    Distretto S.S. Brindisi
    Assistenza domiciliare integrata e Neuroriabilitazione infantile Territoriale/NIAT

  2. Sono pienamente d’accordo, il fisiatra è innanzi tutto medico, ed in quanto tale ha anche cooscenze cliniche in senso internistico ed è l’unico specialista “attrezzato” adeguatamente per definire la riabilitabilità e la prognosi del paziente, questo sin dai primi giorni di ricovero, inoltre è per definizione gestore “strategico” di “competenze” sia umane che specialistiche e strumentali. Sa indirizzare familiari e servizi, da senso al percorso “riabilitativo” del paziente, che può essere solo uno (unico) e non parcellizzato, come succede spesso oggi.

  3. Quindi uno specializzando fisiatra a cui non piace ne il reparto ne la medicina interna è meglio che si dimetta?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Related Posts

Iscriviti alla Newsletter!