di Bruna Lombardi
Il recente piano nazionale per la cronicità redatto dal Ministero della Salute contiene molti elementi di riflessione per noi fisiatri. Emerge evidente fino da una prima lettura che tutte le premesse epidemiologiche e di impostazione generale hanno riferimenti comuni epidemiologici e culturali con il nostro recente position paper sull’argomento . Il modello di riferimento individuato sul documento ministeriale è quello del chronic care model e della sanità di iniziativa, modelli legati al paziente esperto e quindi al suo empowerment.
Ad una prima lettura il piano cita la parola fisiatra una sola volta, ma non riserva maggior spazio ad altri attori storici del team che per altro cita con nomenclatura ormai desunta, ma tutto l’approccio alla cronicità ed alla disabilità che ne consegue si fonda su modello biopsicosociale. Oggi la sanità impegna circa lo 85 percento dei bilanci regionali, di questi lo 80 percento è legato alle malattie croniche quindi ogni 1000 euro di un bilancio regionale di una qualsiasi regione italiana ha un impegno di 660 euro legato alla gestione della cronicità. Gli ospedali sempre più specializzati e legati a cicli di degenza breve impongono una gestione territoriale cui il fisiatra non può essere estraneo. Il team riabilitativo dovrà avere la capacità di strutturare cabine di regia territoriali dove dalla postacuzie riabilitativa si impostano percorsi dedicati e costruiti sul paziente. Quindi grande supporto ed affiancamento alla medicina generale con supporto per la scelta di ausili assistenziali , counselling domiciliare, interventi di promozione della salute sullo stile di vita, di cui AFA è un esempio. Valutazioni e impostazioni di programmi per la prevenzione della cadute ecc. È evidente che molto possiamo dire e fare su questo argomento, anche intervenendo in day service dedicati a precisi percorsi di gestione delle patologie croniche, ma dovremo agire con orgoglio ed umiltà. Orgoglio di sapere di portare competenze uniche e capaci di migliorare la qualità di vita dei pazienti, umiltà di capire che dobbiamo sapere stare in filiera con le discipline di organo e con la medicina interna, perché la genesi di queste patologie è spesso multifattoriale, perché gli interventi farmacologici si arricchiscono di nuovi contributi della ricerca, ma sopratutto nel confronto si cresce. Dopo molti anni di lavoro posso dire di non aver mai rimpianto il tempo dedicato al confronto. I colleghi mi hanno sempre dato qualcosa, e credo di aver lasciato qualcosa di mio a loro. Quindi infettiamoci pure fra noi di fisiatritem ma diamo il tempo ai colleghi di innamorarsi di una visione senza invadenza
Related Posts
DOPO la LEGGE GELLI-BIANCO rimane la COLPA MEDICA LIEVE
considerazioni sulla Sentenza delle Sezioni Unite Penali della…
Osteopatia e chiropratica: scienza o ciarlataneria?
grazie a Salvo Di Grazia – MedBunker (blog) Esistono una serie di pratiche che si basano sulla manipolazione…
Fisioterapista di comunità? Il Consiglio di Stato dice NO, ma c’é chi non vuol capire
Il Consiglio di Stato si è pronunciato favorevolmente al ricorso del Sindacato italiano dei medici di medicina fisica…
Le nuove tecnologie in riabilitazione: a che punto siamo?
Con la pandemia, la riabilitazione è stata fortemente compressa con le chiusure di reparti o riduzione del numero…
Cara Bruna e cara Donatella,
credo che voi abbiate saggiamente riproposto, con l’esperienza e le capactà che vi caratterizzano, temi che sono intrinseci alla nostra Disciplina e che trovano proprio nel campo della cronicità, per le numerose sfaccettature che lo contraddistinguono, un evidenziatore delle diverse problematiche che si presentano . Difficile non accorgersi, proprio qui, di come il Fisiatra non possa che essere, per formazione e cultura specifica, l’ unico specialista che si possa occupare in maniera compiuta della Disabilità. Altresì importante deve essere e sempre più attuale, far crescere il tema della trasversalità, come ha magistralmente descritto Paolo Di Benedetto in un altro post di questo sito. Devo però garbatamente anche far notare che le migliori idee ed i migliori “position paper” hanno bisogno di gambe forti per ben essere rappresentati nei tavoli istituzionali e dei decisori amministrativi, sulla scia ad esempio di quanto già fatto in passato in occasione dell’ approvazione del PINDRIA. Ucaro saluto, Domenico
Carissimi Bruna, Donatella e Domenico,
una sola considerazione mi viene leggendo e rileggendo il lunghissimo Piano Nazionale sulla cronicità : sono inserite , insieme ad altre troppo teoriche e troppo “patologia-centriche “, anche molte cose valide che sono nostro patrimonio da tanti anni (anche prima dei Geriatri con la loro “fragilità”) .E’ urgente una visione più completa ed efficace di questa epidemia che sappiamo colpisce e colpirà un numero sempre più grande di persone (di tutte le età ) nella loro capacità di vita autonoma e di condizioni di benessere e che sta diventando il punto critico principale della SALUTE a livello nazionale e mondiale .
Purtroppo io sono convinto che ,per tenere saldi i concetti scientifici ed operativi (speriamo che questi si possano realizzare ) sia necessario che chi ha fatto propria questa impostazione centrata sulla Persona , che conosce la complessità della concreta applicazione quotidiana ( in particolare nel territorio di cui altri specialisti sanno solo parlare, a differenza nostra )per averlo fatto quotidianamente all’interno del proprio “normale” impegno professionale.che quindi può contribuire alla guida di progetti individuali e programmi anche multidisciplinari , deve esser fattivamente coinvolto ed autorevolmente presente nella cabina di regia ai vari livelli dal nazionale al regionale e territoriale.
Il testo che è stato scritto e presentato dal Ministro per adesso non è così purtroppo e dobbiamo invertire la situazione ; spesso (di nuovo purtroppo ) i documenti ministeriali restano lettera molto morta e per lungo tempo ma questo non attenua la mia preoccupazione.
Alessandro Giustini