di Morena Ottaviani
Spesso le Terapie Fisiche sono state oggetto di feroci critiche, a tal punto da essere giunti ad escluderle praticamente dai L.E.A. cioè dalle prestazioni rimborsate dal S.S.N. Non è però nelle prossime righe che si cercherà di “riabilitare” (il gioco di parole era d’obbligo!) queste tecniche terapeutiche.
Personalmente, quando prescrivo un Progetto Riabilitativo spiego al paziente che è un po’ come fare un dolce: i singoli ingredienti presi individualmente lasciano a desiderare, ma la loro combinazione può portare a delizie sublimi. Ecco, quando prescriviamo un PRI, è quasi sempre la combinazione dei vari elementi che può portare ad un successo terapeutico, nonché le modalità con cui vengono effettuati i trattamenti.
Tuttavia quando arriva un paziente sulla cui richiesta il MMG ha infilato tutte le ipotesi diagnostiche applicabili dell’apparato locomotore, dall’alluce valgo alla sindrome da conflitto scapolo-omerale, be’ allora l’irritazione avanza e raggiunge il culmine quando dopo aver spiegato al paziente l’equazione “una visita = una diagnosi” questi mi replica dicendo “Ma il suo collega di prima mi prescriveva una terapia per ogni problema”. I MMG più scafati hanno in uso una parola che li salva: POLIARTROSI. E qui ci sta veramente di tutto.
Il PRI non può e non deve essere una sorta di minestrone in cui si infilano 1Kg di ultrasuoni ad immersione per l’artrosi delle mano, ma anche un ½ Kg di TENS per la lombalgia e 2 etti di LASER per un alluce valgo con un pizzico di rieducazione motoria per una coxartrosi.
Il paziente va visitato per poter fare una diagnosi, su questo non ci piove. Quindi quanto tempo per valutazione dovremmo considerare per VISITARE due mani, una colonna lombare, due piedi ed un’anca? Sfido il collega che ha redatto un PRI di questo genere a giurare di avere realmente visitato il paziente per tutte le problematiche elencate.
E ancora: ma davvero vogliamo credere che un ciclo di TENS guarisca da una lombalgia??? Qui non voglio essere critica nei confronti della terapia, ma di sicuro non possiamo credere che una vera lombalgia migliori significativamente con dieci sedute di TENS! A parte il fatto che se veramente un paziente dovesse guarire o stare meglio dopo un simile PRI, probabilmente sarebbe migliorato anche senza fare nulla, comunque questo tipo di approccio terapeutico scredita la nostra professione e la serietà dei nostri mezzi terapeutici. Probabilmente uno dei motivi per cui le terapie fisiche sono pressoché scomparse dal prontuario terapeutico del SSN è figlia di questo modo di esercitare la Fisiatria.
Redigere un PRI non può e non deve essere come compilare una schedina del Totocalcio (ammesso che esista ancora) ma deve essere il passo successivo di un’accurata valutazione clinica con conseguente diagnosi di disabilità. Chi prescrive “a macchia di leopardo” dimostra solo di non credere nelle potenzialità terapeutiche a disposizione della Fisiatria: è un atto di disprezzo nei confronti della nostra disciplina anche se troppo spesso sono colleghi Fisiatri a comportarsi così. E’ ovvio che esistano delle eccezioni rappresentate dai cosiddetti danni secondari e terziari, nel qual caso il PRI deve contemplare trattamenti anche per questi distretti interessati indirettamente, ma sinceramente ho serie difficoltà a correlare una epicondilite con una lombosciatalgia!
Ma vogliamo veramente mettere insieme le tecniche terapeutiche a disposizione per cercare di far superare una disabilità al nostro paziente? Ho avuto il piacere e grande onore di annoverare tra i miei “Insegnanti” la Prof. Cecicilia Morosini; lei ha cercato in ogni modo di farci comprendere che la tecnica riabilitativa migliore per un disabile è quella creata per “quel” disabile, attingendo da tutte le nostre conoscenze e possibilità terapeutiche. E perché ciò sia realizzabile, raramente un PRI potrà prevedere solo una terapia o due.
I miei assistiti all’inizio sono un po’ diffidenti: io rappresento il Medico antipatico che non ha voluto fare il supermercato della fisioterapia, ma dopotutto siamo Specialisti e questo implica un approccio Specialistico alle problematiche. Siamo una Boutique e non uno Spaccio Aziendale. Tuttavia, dopo che hanno iniziato il percorso terapeutico, anche i pazienti più ostici realizzano di stare soggettivamente ed oggettivamente meglio, e apprezzano il metodo scelto.
Quindi, cari colleghi, cerchiamo avere rispetto per la nostra scienza e di utilizzarla al meglio: le potenzialità ci sono, ma sta a noi farle divenire realtà. E chissà che in epoche di maggior rispetto per la nostra categoria, magari dopo aver prodotto qualche pubblicazione scientifica, si torni a considerare alcune Terapie Fisiche come Essenziali. Ma questo è solo un bel sogno…..
Ottima riflessione, complimenti!. Dobbiamo riprenderci i nostri “ingredienti” e sfornare presto le “migliori torte”.
La personalizzazione della cura .
Un atto rivoluzionario ai tempi dei protocolli terapeutici pre-definiti .