In una serie di interventi e di lettere piú o meno aperte, l’AIFI continua a rappresentare posizioni assai suggestive, dal proprio punto di vista, ma che hanno in genere un solo reale obiettivo finale: quello di estendere il proprio campo di intervento al di fuori di qualunque logica di efficienza organizzativa e di appropriatezza. Esplicito riferimento a ció traspare, senza dubbio alcuno, anche dall’articolo di QS del 26 agosto, che rimane ancora facilmente consultabile. Ma i punti di fondo delle varie polemiche aifine riguardano anche la necessitá di abolire il PRI, cioè quel progetto riabilitatiivo individuale che dá al team gli strumenti ed i metodi per far percorrere il giusto tragitto riabilitativo alla Persona con disabilitá e l’acccesso diretto alle cure riabilitative da parte del fisioterapista, il quale si trasformerebbe, ope legis”, in una sorta di fisiatra bonsai in grado di fare cura, prevenzione, riabilitazione e , perché no, ogni tanto anche prescrizione di esami e diagnosi. Alcuni passaggi di tanta produzione culturale portano ad affermare che aver individuato un piano di indirizzo per la riabilitazione suona come un arretramento rispetto al passato ed un atto di lesa maestá per i vertici aifi, che poi sottolineano il loro plauso per la scelta del Ministero di concedere, nei LEA , la terapia fisica solo se in associazione alla chinesiterapia. Come dire che quelli che dovrebbero essere i principali fautori di strumenti terapeutici come la terapia fisica strumentale, ne riconoscono invece una validitá solo se associati all’esercizio. Non entriamo a discutere delle tante prove di efficacia ormai riconosciute alla terapia fisica strumentale, ma vogliamo evidenziare la strumentalitá di certe posizioni, che rincorrono unicamente obiettivi di piccola tattica personalistica e che hanno in totale dispregio ogni reale interesse scientifico e di cura per le Persone con disabilitá. Difficile anche comprendere come possa un operatore con tre anni di studio fare le stesse cose che fá un Fisiatra, il quale, nonostante quello che pensano i capi dell’ AIFI , purtroppo per loro, hanno un percorso di studi di 6 anni di Medicina ed altri 4 o 5 di specializzazzione in Medicina fisica e riabilitativa. Sicuramente un dettaglio non da poco per qualsiasi persona di buon senso. Ma l’improvvisa prodigalitá letteraria dell’AIFI tace su alcuni particolari, evidentemente non particolarmente graditi e su alcune veritá che negli anni si sono accumulate a testimonianza di come certe teorie non siano altro che bislacche elucubrazioni di chi non ha certamente in considerazione l’interesse collettivo. Ci riferiamo alle numerose Sentenze di diversi TAR e del Consiglio di Stato : “I compiti del fisioterapista vanno ricondotti nell’ambito dell’attività di equipe, che dà attuazione al progetto/programma riabilitativo redatto dal fisiatra”, TAR Veneto 2013,
“ L’autonomia del fisioterapista può svolgersi……….solo nel presupposto delle prescrizioni indicate dal fisiatra, quale coordinatore dell’equipe riabilitativa” Consiglio di Stato regione Basilicata 2015“, “Solo il medico fisiatra, e non il fisioterapista, può prescrivere un Piano Terapeutico per ogni singolo paziente per la cura delle diverse patologie” TAR Puglia,E questa è ssolo la storia recente, perché da quando nel 2005 il SIMFiR ha iniziato a porre , anche in termini di rispetto delle Leggi, le questioni che devono regolare i rapporti tra le professioni, secondo la valorizzazione di ogni figura professionale, senza consentire l’invasione dei campi altrui e, soprattutto, non perdendo di vista il risultato finale, le conferme dagli organi delle magistrature si sono sempre susseguiti in favore della professionalitá e del ruolo del Fisiatra. E l’AIFI dimentica di dire che queste sentenze vengono proprio a coronamento finale di tante azioni intraprese proprio dall’AIFI stessa, rappresentando i medesimi argomenti che, con molta disinvoltura, vengono presentati sui tavoli della politica e dei decisori amministrativi come la nuova frontiera della riabilitazione made in AIFI.
Il nostro potrebe sembrare un accanimento e chi ci conosce sá che i rapporti avuti col mondo delle professioni sanitarie sono stati sempre splendidi e rivolti alla massima collaborazione e valorizzazione di ogni competenza, ma le strumentalizzazioni affaristiche fatte passare per nobili scopi ci danno molto fastidio e ci fanno ‘incazzare” Soprattutto perché chi ama il proprio lavoro e lo fá quotidianamente sá bene che la realtá è ben altra. E sá anche come in giro ci sia un trionfo dell’abusivismo, non solo della professione medica, ma anche delle attivitá medico specialistiche e di quelle dei fisioterapisti e di altri professionisti triennali. Vogliamo ricordare le scuole di osteopatia universitarie aperte a chiunque? Vogliamo parlare dei tanti abusivi che fingono di essere fisioterapisti e qualche volta anche medici, nascondendosi dietro un titolo di dottore ormai in svendita?
Crediamo proprio che le cose siano davvero piú complesse di quanto voglia disegnare l’aifi nei propri comunicati.
Il vero problema è, a nostro avviso, un altro : consolidare modelli eorganizzativi efficaci ed appropriati, sulla scia dei tanti documenti scientifici della letteratura internazionale e del Piano di indirizzo del 2011, dando ad ogni professionista un ruolo proprio ed autonomo, ma all’interno di un percorso, condiviso in team, e che deve essere incentrato sui bisogni della Persona. È l’unica strada per fornire risposte adeguate al bisogno di inclusione che viene dalle Persone ed è anche una garanzia a che l’acqua della riabilitazione non si prosciughi in prestazioni ripetute ed effettuate dai fisioterapisti senza alcuna diagnosi specialistica competente, ma generando un inutile costo per il SSN.
Cose scontate queste? Per chi ha l’esperienza per valutarle, certamente si. Assai meno per chi rappresenta specifici interessi assolutamente di parte e demagogici.
E si sente forte un bisogno di rappresentare le nostre ragioni, con documentata competenza e passione, sui tavoli che contano, abbandonando una timidezza ed una debolezza che invece sembrano pervadere proprio i fisiatri che hanno diritto di rappresentanza istituzionale. La stessa debolezza che li ha consegnati al silenzio, durante il recente congresso di Bari, dopo la pubblicazione delle farneticazioni offensive dell’Aifi sul Tabloid in distibuzione al congresso. Un ambiente cloroformizzato ed eterodiretto non serve alla nostra categoria.
Anche perché, come diceva in vecchio adagio in lingua napoletana, “se l’acqua è poca le papere non galleggiano “….ed il futuro invece deve tornare ad essere diverso da oggi!
………….e con questo, con estrema chiarezza ed innegabile “diplomazia”, ciò he doveva essere detto è stato inequivocabilmente espresso!
Caro Alberto hai assolutamente ragione ma ritengo che sia molto importante precisare ulteriormente, ed il post lo esprime chiaramente, che una cosa siano le posizioni estreme che a volte i vertici di certe Associazioni/Società/Sindacati assumono ovviamente per portare avanti lotte politiche/sindacali/di categoria altro sono chi rappresentano. Personalmente, nella mia esperienza professionale, ho avuto la fortuna di conoscere, anche da paziente, seri professionisti con cui ho lavorato benissimo e certamente questo sarà capitato anche a Te ed a Domenico, che con “innegabile diplomazia” ha espresso il suo chiaro pensiero. Professionisti diventati amici nel tempo.
Abbiamo faticato anni per introdurre nella normativa regionale e nazionale il PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE come espressione di un lavoro in Team ed ora anche a me capita di leggere lo stravolgimento di questa conquista (il lavoro in team è difficile e spesso più detto che fatto e parlo in prima persona) ma dobbiamo continuare a crederci, proprio per la presenza di ottimi professionisti fra i membri dell’equipe, senza portarci ad estremizzare le posizioni, e lo dico io che sono sempre stato un “ortodosso”.
Certo credo in un Team organico ovvero interprofessionale oltre che interdisciplinare e non come una somma semplice di professionalità e certamente penso che sia necessario un responsabile del Team come indica il Piano di Indirizzo ma in politica estera so distinguere fra alcuni califfi e tutto il mondo islamico, che ha portato nella storia del mondo occidentale grosse conquiste culturali e sociali.
Dobbiamo continuare a costruire PONTI evitando quei muri che stanno crescendo nel nostro vecchio continente e non solo. I dogmatismi, i nazionalismi, i populismi sono sempre passi indietro della storia, che così genera MOSTRI.