The non-pharmacological management of psychiatric and comitial or epileptiform crises
Riassunto
Nei presidi riabilitativi ex art. 26 legge 833/78, che accolgono disabilità neuro-psichiche particolarmente complesse ma dove non è previsto il Medico in h24, va necessariamente implementata la gestione non farmacologica delle crisi psichiatriche e comiziali: ciò implica un’adeguata formazione del Personale su protocolli specifici, nonché la disponibilità di tempi e spazi da dedicare al paziente. Viene condiviso il protocollo adottato nel Servizio Semiresidenziale del Presidio Multifunzione Comunità Capodarco di Roma, che non ha mai reso necessario ricorrere al trattamento farmacologico delle crisi in quel setting.
Parole chiave: disabilità neuro-psichica, psicologia, psichiatria, neurologia, riabilitazione.
Abstract
In the rehabilitation facilities pursuant to art. 26 law 833/78, which host particularly complex neuro-psychic disabilities but where the Physician is not provided 24 hours a day, the non-pharmacological management of psychiatric and comitial crises must necessarily be implemented: this implies adequate training of the Staff on specific protocols, as well as the availability of time and space to dedicate to the patient. The protocol adopted in the Semi-residential Service of the Multifunctional Presidium Capodarco Community of Rome, which has never made it necessary to resort to the pharmacological treatment of crises in that setting, is shared.
Key words: neuro-psychic disability, psychology, psychiatry, neurology, rehabilitation.
È opinione relativamente comune che le crisi psichiatriche e comiziali vadano gestite farmacologicamente, soprattutto nei presidi emergenziali, dove i tempi da dedicare al paziente sono necessariamente ristretti e mancano spazi adeguati dove isolarsi col paziente senza pregiudicare la sicurezza della restante utenza.
Nei presidi riabilitativi ex art. 26 legge 833/78, che accolgono disabilità neuro-psichiche particolarmente complesse, sussiste una maggiore disponibilità di tempi e di spazi da dedicare al paziente critico, e nel contempo non è previsto il Medico in h24: ciò induce a prestare molta più attenzione alla gestione non farmacologica delle crisi, a condizione che il Personale turnante in h24 sia adeguatamente formato attraverso l’accurata formulazione e condivisione di protocolli specifici.
Riteniamo utile condividere il protocollo adottato nel Presidio Multifunzione Comunità Capodarco di Roma, struttura socio-sanitaria riabilitativa ex art. 26. Il protocollo è stato redatto per la prima volta 10 anni fa, ma sistematizzava un approccio adottato da sempre dal Servizio Semiresidenziale, nel quale, a memoria degli Autori, non si è mai reso necessario ricorrere al trattamento farmacologico delle crisi: successivamente tale protocollo è stato aggiornato ed implementato fino alla versione attuale.*
Introduzione
Il presente documento ha l’obiettivo di fornire indicazioni su come inquadrare il fenomeno della Crisi Psichiatrica, in modo tale da creare una modalità di approccio che permetta la soluzione o il depotenziamento di tali crisi nella fase iniziale senza il ricorso alla farmacologia.
Tale modalità di approccio risponde ai dettami definiti nel modello sistemico-relazionale in cui il soggetto non è visto come una entità avulsa dal contesto, ed i suoi comportamenti non sono solo una manifestazione del suo mondo interno. Secondo questo modello, il disagio che viene manifestato è in funzione delle relazioni e del contesto ed è attraverso la loro analisi che è possibile capirne le motivazioni sottese e quindi agire utilizzando modalità relazionali atte alla modifica della situazione.
La crisi può essere considerata come un’occasione in cui è possibile osservare e decodificare i motivi che sottendono i comportamenti problematici, ma anche il momento adatto, dove possibile, per aiutare la persona a prendere consapevolezza dei suoi comportamenti e dei suoi bisogni, ed imparare ad utilizzare modalità più adattive. Occorre quindi che i comportamenti degli operatori abbiano queste finalità e che nel contempo prevengano una escalation della crisi.
In generale la riduzione della frequenza e intensità delle crisi e, dove è possibile, il depotenziamento, sono legati, oltre al lavoro dell’équipe del Centro, anche al lavoro costante e continuato nei diversi contesti della persona (famiglia, ambiente, rete sociale).
Al manifestarsi della crisi è importante che gli Operatori intervengano in prima istanza e riconoscano precocemente i primi segnali. L’intervento precoce, infatti, è spesso più efficace di quello tardivo, consentendo di trattare un quadro di minore intensità e di ridurre al minimo la negatività di questa esperienza.
È importante anche dare risalto all’accadimento di tale episodio, annotando l’evento nella Diaria e riportandolo nelle riunioni periodiche di équipe relative al monitoraggio dei progetti terapeutici. Inoltre, nel caso in cui gli eventi siano di particolare gravità e/o inusuali, bisogna anche coinvolgere tempestivamente i Coordinatori del servizio che informeranno i Medici responsabili fornendo dati anamnestici per eventuali modifiche delle diagnosi in essere ed eventualmente delle terapie in atto, e per eventuali indicazioni ad effettuare esami diagnostici e/o di controllo.
Questo documento è un semplice supporto informativo per aiutare ad intercettare precocemente i campanelli di allarme e fornire delle indicazioni sul comportamento da mettere in atto. Vengono illustrate le tipologie di crisi che si manifestano più frequentemente negli utenti affetti da Disabilità Intellettiva in comorbidità con problematiche psicopatologiche: le crisi di agitazione psicomotoria e le crisi d’ansia generalizzata vs somatizzazione.
Sono inoltre fornite indicazioni specifiche del comportamento da mettere in atto nel caso in cui la crisi si presenti con comportamenti “aggressivi”. Questo aspetto può essere collegato ad un’escalation della crisi causata dalla mancanza o dall’inefficacia dell’intervento precoce.
Nell’osservazione iniziale dei sintomi è comunque importante differenziare se si tratti di una vera crisi o della messa in atto di comportamenti “teatrali” finalizzati a catalizzare nel gruppo l’attenzione su di sé. Solo l’analisi del contesto e la conoscenza dell’Accolto permettono all’Operatore di effettuare questa distinzione. In questo caso occorre non dare importanza al “comportamento istrionico”.
Nel documento sono anche fornite indicazioni sui comportamenti da mettere in atto in caso di crisi comiziali o epilettiformi, data la presenza di utenti con diagnosi di Epilessia, e la pericolosità delle conseguenze legate a comportamenti non consoni.
Crisi di agitazione psicomotoria
Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) l’agitazione è definita come un’eccessiva attività motoria associata ad una sensazione di tensione interna. I comportamenti di una persona in stato di agitazione rappresentano quindi la manifestazione esterna di come si sente dentro. Questa attività motoria è in genere, ma non sempre, non intenzionale, non finalizzata, non produttiva e ripetitiva e consiste per lo più nel camminare avanti e indietro, continuare a muoversi sulla sedia o ad alzarsi, dimenarsi, torcersi le mani una con l’altra, tirare i vestiti.
Sebbene i comportamenti “aggressivi” non siano generalmente presenti, l’agitazione psicomotoria può aumentare il rischio che le persone facciano del male a se stesse o agli altri.
Altri sintomi dell’agitazione possono essere: eccessiva spinta a parlare o a muoversi, presenza di uno stato di eccitamento, di ostilità o di scarsa disponibilità a collaborare con le altre persone, irritabilità, difficoltà a controllare gli impulsi, comportamenti distruttivi.
Tali manifestazioni non sono tutte necessariamente presenti: le espressioni e le caratteristiche delle crisi variano da una persona all’altra.
Lo stato di agitazione può comparire improvvisamente oppure instaurarsi in modo progressivo, attraverso un processo che viene definito escalation della crisi, e può durare da pochi minuti a molte ore.
È di grande importanza il riconoscimento precoce dei primi segni di agitazione psicomotoria, la cui individuazione permette di attuare misure ancora molto utili a prevenire un’escalation completa della crisi.
Quando l’insorgenza è graduale, la comparsa dei sintomi segue una sequenza talora prevedibile. La sequenza di comparsa dei sintomi si ripete in maniera per lo più simile nella stessa persona, per cui l’Operatore, sia per esperienza diretta, per aver assistito in precedenza ad altre crisi personalmente, che indiretta, attraverso le esperienze riportate dai colleghi nelle riunioni di équipe, può capire quello che sta succedendo. Questo gli può consentire di riconoscere una crisi di agitazione molto velocemente e di mettere subito in atto i comportamenti adatti.
Al di là delle specificità individuali, i segni che più frequentemente dominano la fase lieve e iniziale dell’agitazione e che pertanto possono rappresentare campanelli di allarme da non trascurare sono:
- essere ansioso o irrequieto;
- mostrare atteggiamenti bruschi;
- innervosirsi ed irritarsi facilmente;
- dare risposte secche o sarcastiche;
- avere le mani sempre in movimento: torcerle, stringerle, serrare i pugni;
- battere nervosamente il piede a terra come in segno di impazienza;
- mostrare un’espressione di malessere e di disagio;
- contrazione delle mandibole e tensione muscolare;
- insonnia.
Per la gestione dell’agitazione psicomotoria si raccomanda di avvalersi di interventi di tipo ambientale e di tecniche di de-escalation.
Gli interventi di tipo ambientale sono quei provvedimenti finalizzati a collocare la persona in un ambiente tranquillo, senza eccessive stimolazioni:
- portare la persona in una stanza isolata o all’esterno;
- evitare le interazioni con i compagni.
Le tecniche di de-escalation, invece, riguardano la modalità relazionale da usare per favorire il processo di diminuzione graduale della crisi, come
- tenere un atteggiamento calmo e comprensivo;
- evitare lo scontro verbale;
- evitare i gesti e le espressioni che possono comunicare minaccia o sfida o paura, in particolare non toccare il paziente perché il contatto fisico può essere frainteso come ostile o minaccioso;
- rivolgersi al paziente mostrandoti interessato a capire quale sia il suo problema;
- negoziare con il paziente delle scelte alternative;
- non dare ordini.
Crisi d’ansia generalizzata vs somatizzazione
L’ansia generalizzata si descrive come uno “stato di tensione” diffuso e persistente, privo dei momenti di crisi come negli attacchi di panico ma caratterizzato da un malessere generale, non solo psicologico ma anche corporeo, perdurante anche per molto tempo (mesi o anni).
I possibili sintomi dell’ansia generalizzata sono raggruppabili in quattro categorie, ed è raro il loro comparire al completo tutti insieme.
- Tensione motoria, evidenziata da tremori, dolori muscolari, incapacità a stare fermi e a rilassarsi, tremori delle palpebre, facile affaticabilità.
- Iperattività vegetativa (cioè interessante quella parte del sistema nervoso non controllabile dalla volontà): i sintomi sono tachicardia, vertigini, bocca secca, sudorazione aumentata, formicolii alle mani e ai piedi, difficoltà digestive, sensazione di caldo e di freddo improvvisa, nodo in gola, difficoltà a deglutire, aumento della respirazione, mani fredde e umide, diarrea, sensazione di “testa vuota” o “leggera”, nodo alla bocca dello stomaco.
- Stato psicologico di attesa, caratterizzato da paura, rimuginazioni, aspettativa di eventi spiacevoli o tragici per sé e per le persone care.
- Vigilanza mentale, connotata da iperattenzione che paradossalmente diventa distrazione, difficoltà di concentrazione e memoria, impazienza e irritabilità.
Lo stato d’ansia, nei pazienti con disturbi psicologici, può dipendere da fattori quali:
- la presenza di convinzioni personali irrazionali e di pensieri ossessivi;
- la difficoltà a capire le emozioni come associate a valutazioni specifiche (ad esempio pericolo-ansia, o torto-rabbia o perditatristezza) giudicando le emozioni come una “spinta energetica” misteriosa senza spiegazione.
Bisogna anche considerare che i sintomi d’ansia potrebbero essere dovuti a effetti collaterali dei farmaci.
Il comportamento da seguire è quello di non ignorare lo stato d’ansia, sia che si manifesti in modo psicologico che corporeo, ma di fornire un contenimento che aumenti la capacità di sostenere le emozioni negative. Occorre dare importanza all’emozione, cercando però di ridefinirla e limitarla, riportando il soggetto alla situazione reale. I comportamenti devono essere congrui rispetto alle capacità intellettive e alle caratteristiche psicologiche dell’Accolto, per cui è molto importante la sua conoscenza da parte dell’Operatore:
- portare la persona in una stanza isolata o all’esterno;
- evitare le interazioni con i compagni.
- prestare attenzione mostrando empatia;
- analizzare il contesto per determinare la possibile causa dello stato di ansia e, se necessario, allontanare momentaneamente l’Accolto da quel contesto;
- permettergli di esprimere la propria emozione, aiutandolo a verbalizzare il disagio, evitando atteggiamenti giudicanti e utilizzando una comunicazione non verbale accogliente;
- supportarlo nel contestualizzare quando si è manifestato il momento di difficoltà e cercare di dare un significato all’accaduto;
- depotenziare la pericolosità o la probabilità di accadimento di un eventuale evento temuto, oppure illustrare una linea di condotta per il suo superamento;
- fornire un rinforzo positivo sulla sua capacità di affrontare la situazione;
- concludere l’intervento invitandolo a riprendere l’attività che era in corso o coinvolgendolo in attività per lui rassicuranti.
Crisi con comportamenti “aggressivi”
Di seguito vengono fornite indicazioni, ad integrazione di quanto fin qui specificato, sui comportamenti da applicare nel caso in cui nella crisi, qualsiasi sia la sua natura, vengano messi in atto comportamenti aggressivi verso di sé o verso altri.
Crisi autolesive
- Cercare di evitare che l’Accolto possa procurarsi lesioni attraverso pugni, morsi o testate date all’ambiente circostante contenendola verbalmente in modo da rispettare sempre la sua persona.
- Nel caso in cui l’atto appaia solo dimostrativo è meglio non dare troppa importanza e/o attenzione allo stesso per non incentivarlo con un vantaggio secondario.
- Quando si colgono prima i segnali del malessere cercare di aiutare la persona a trovare un canale comunicativo adeguato per esprimere il bisogno. Probabilmente spesso anche ottenere attenzione dall’Operatore aiuta comunque la persona a tollerare maggiormente la frustrazione.
Crisi eteroaggressive
- In questo caso è preferibile allontanare la persona dal resto del gruppo per evitare che possa far male ad altri; per evitare che, lasciato solo, possa arrecare danno a se stesso, è necessario che un Operatore interagisca con lui con tranquillità e fermezza aiutandolo a gestire il momento critico.
- Durante l’interazione si consiglia di far sedere il paziente, di mantenere una distanza di sicurezza ed evitare quegli atteggiamenti posturali che possano essere interpretati come aggressivi o di difesa (ad esempio: toccare il paziente, muoversi rapidamente, puntare l’indice, stare a braccia conserte, fissarlo negli occhi). La comunicazione deve risultare pacata e bisogna evitare di rispondere alle minacce con altre minacce.
- Nel caso in cui l’atto aggressivo appaia solo dimostrativo è meglio ignorare il comportamento (di fatto non lesivo) per non incentivarlo con un vantaggio secondario grazie all’attenzione.
- In una fase successiva è bene verbalizzare e/o metacomunicare con la persona per aiutarla ad esprimere in modo adeguato il proprio malessere.
- Aiutare la persona a trovare canali comunicativi adeguati per esprimere il proprio bisogno o la propria rabbia e/o frustrazione.
Crisi comiziali o epilettiformi
Distinguere una crisi epilettica da un evento non epilettico, in particolare una sincope o una crisi psicogena, non è sempre facile ma, in caso di presenza di una diagnosi di epilessia, bisogna porre attenzione a:
- le sensazioni soggettive del paziente (aura);
- i sintomi vocali (stridore o pianto, emissione di parole rallentate, frasi deformate);
- i sintomi motori (versione della testa o degli occhi, tipo di postura, presenza di scosse o d’irrigidimento,
- automatismi, movimenti focali o generalizzati);
- il tipo di respirazione (variazioni della frequenza e ampiezza, arresto, cianosi);
- le variazioni autonomiche (dilatazione pupillare, ipersalivazione, variazioni nella frequenza cardiaca, pallore, vomito);
- le variazioni del livello di coscienza;
- i fenomeni allucinatori (visivi e psichici);
- le alterazioni cognitive (linguaggio).
Durante una crisi tonico-clonica generalizzata è indicato:
- proteggere il soggetto da eventuali lesioni della testa e del corpo, togliere eventuali occhiali e allontanare gli oggetti pericolosi;
- favorire la respirazione slacciando gli indumenti stretti;
- rimanere vicino per aiutare e osservare per descrivere la crisi e la sua durata;
- non cercare di rialzare la persona o modificarne la posizione, contenere le convulsioni, aprire la bocca con forza, introdurre qualcosa tra i denti, dare da bere, praticare la respirazione artificiale.
Dopo una crisi tonico-clonica generalizzata è indicato:
- posizionare il soggetto su un fianco per favorire la fuoriuscita dalla bocca di saliva e vomito;
- togliere dalla cavità orale eventuali impedimenti alla respirazione;
- restare accanto al soggetto finché è confuso e proteggerlo;
- non somministrare farmaci se la crisi si risolve spontaneamente e, in generale, non somministrare niente per bocca, finché il soggetto non abbia riacquistato piena coscienza;
- rassicurare utilizzando calma, persuasione, gentilezza e sostegno.
In caso di crisi di assenza o di crisi parziali complesse:
- rimanere accanto al soggetto per controllare che si risolvano spontaneamente;
- allontanarlo da luoghi pericolosi in modo da proteggerlo finché non ha ripreso coscienza;
- non gridare o scuotere il soggetto per farlo riprendere.
Poiché le crisi epilettiche di solito cessano spontaneamente dopo pochi minuti, l’attivazione di un intervento di emergenza è indicato solo se:
- la crisi convulsiva dura più a lungo del previsto (2-3 minuti);
- il soggetto tarda (>5 minuti) a riprendere conoscenza;
- le crisi si ripetono;
- il soggetto si è procurato lesioni;
- il soggetto ha difficoltà respiratorie o circolatorie.
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Conflitti di interessi
Gli Autori dichiarano l’assenza di conflitti di interessi.
Finanziamenti
Gli Autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti.
* Nelle ultime implementazioni sono stati consultati i documenti di cui si fa riferimento nella bibliografia1-16, ed in particolare sono stati trascritti dei brani tratti da:
- “Le crisi di agitazione psicomotoria nelle patologie psichiche – Guida per i caregiver” dell’osservatorio ONDA (definizione e descrizione del disturbo nel capitolo dedicato alla “Crisi di agitazione psicomotoria”)10
- “Ansia per la salute: Capire e Trattare il Disturbo da Somatizzazione attraverso un modello cognitivo dell’ansia”, di Valentina Torsello e Gian Luigi Dell’Erba (definizione e descrizione del disturbo nel capitolo dedicato alla “Crisi d’ansia generalizzata vs somatizzazione”)15
- “SNLG Diagnosi e trattamento delle epilessie aggiornamento 2014” pubblicate dal Consiglio Sanitario Regione Toscana (Definizione, descrizione del disturbo e le indicazioni relative nel capitolo dedicato alle “Crisi comiziali o epilettiformi”)5