Lara BUTTARELLI, Sergio DI FONZO, Stefano FARACI, Martina QUARANTA, Elena SACCOLITI, Maria Laura SOLLINI, Calogero FOTI
attedra e Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
È ormai noto che essere sovrappeso aumenti notevolmente il rischio di avere patologie cardiovascolari, ma essere normopeso è sufficiente per considerarsi “protetti”? La risposta è no. Avere un indice di massa corporea (BMI) tra 18.5 e 24.9, valori che individuano la condizione di normopeso, ma non condurre uno stile di vita sano, pone agli stessi livelli di rischio cardiovascolare di chi è in sovrappeso. In un recente studio¹ l’ASCVD (Atherosclerotic Cardiovascular Disease) risk score,comunemente utilizzato per calcolare il rischio cardiovascolare a 10 anni in persone sane, e che prende in considerazione anche il BMI, è stato associato all’analisi di altri indicatori di salute, tra cui i livelli minimi di attività fisica raccomandati. Per attività fisica raccomandata si considerano almeno 150 minuti settimanali di esercizio moderato o almeno 75 minuti settimanali di esercizio vigoroso². Come è possibile vedere in figura 1, individui normopeso che rientrino nei criteri di attività hanno un rischio cardiovascolare pari al 27%, contro il 33.7% di individui normopeso “inattivi” e il 37.9% degli individui sovrappeso.
Ad oggi non si trovano dati sufficienti in letteratura per dare raccomandazioni cliniche a soggetti con calcificazioni coronariche, anche clinicamente significative, che praticano attività fisica di elevata intensità. Una delle unità di misura utilizzate per calcolare i livelli di attività fisica di un soggetto è il “MET”: Metabolic Equivalent of Task. Un MET è definito come la spesa energetica, a riposo, di un individuo adulto medio; si assume, per definizione, che 1 MET equivalga a 3,5 ml di ossigeno per Kg di peso corporeo al minuto.
Ci sono evidenze scientifiche³che dimostrano che l’attività fisica di elevata intensità (3000 MET-min/wk), in soggetti che abbiano coesistenti calcificazioni coronariche diffuse, anche in presenza di placche clinicamente significative, non è correlata con l’aumento della mortalità, sia per cause cardiovascolari che di altro genere (figura 2).
L’attività fisica influenza anche la pressione sanguigna. In uno studio4condotto su soggetti affetti da ipertensione arteriosa si è dimostrato che la pratica dello yoga, quando svolto a frequenza trisettimanale, possa determinare riduzioni sia della pressione diastolica che sistolica, soprattutto quando gli esercizi includano tecniche di respirazione e meditazione/rilassamento mentale.
Al tempo stesso, come la diminuzione della pressione ematica riduce il rischio di insorgenza di eventi cerebrovascolari, anche il miglioramento del fitness cardiorespiratorio può produrre variazioni nel rischio a lungo termine di ictus cerebrie morte5.In un recente studio svolto presso l’Università di Oslo, i soggetti che hanno mantenuto uno scarso livello di fitness cardiorespiratorio sia al baseline che ai follow-up successivi hanno registrato un rischio maggiore a lungo termine di insorgenza di stroke e morte (figura 3).
L’esercizio fisico aerobico produce chiari effetti positivi sulle funzioni cognitive in soggetti di età superiore ai 55 anni; sulla base di una recente ricerca6l’attività fisica dimostra avere un effetto benefico sulle capacità cognitive anche in giovani adulti. Si evince un significativo miglioramento della Funzione Esecutiva (figura 4) in individui che svolgono esercizio aerobico, maggiore con l’aumentare dell’età, suggerendo che lo stesso possa mitigare il declino correlato all’età. Inoltre, si è dimostrato che lo spessore corticale, in soggetti destrimani, aumentava significativamente nella regione frontale sinistra, indipendentemente dall’età. Ciò suggerisce che l’esercizio aerobico è importante ai fini della prevenzione del decadimento cognitivo sin dalla giovane età.
Gli anziani che svolgono attività fisica regolarmente per almeno un anno hanno una minore frequenza di subire cadute, lesioni correlate alle stesse e fratture rispetto ai loro coetanei che non svolgono abitualmente attività fisica7. Il tipo di allenamento che apporta tali vantaggi è una combinazione di esercizio aerobico, allenamento di forza ed esercizi volti a migliorare l’equilibrio, con una frequenza di circa tre volte a settimana e durata di circa 50 minuti per ogni sessione, a moderata intensità. Una varietà di fattori può rendere le cadute più probabili, e l’esercizio fisico può aiutare a risolvere molti di questi problemi contemporaneamente, in quanto gli allenamenti possono rafforzare i muscoli delle gambe e migliorare l’equilibrio e la coordinazione durante la deambulazione. L’esercizio continuo nel tempo determina benefici per la salute anche in persone affette da patologie croniche cardiovascolari, metaboliche e neurologiche. Non esiste invece una correlazione tra attività fisica e un minor rischio di cadute multiple, ospedalizzazione o morte prematura.
Infine, l’attività fisica svolge un ruolo predominante nella prevenzione e nel trattamento delle malattie croniche, in quanto riduce la necessità di ricorrere alla terapia farmacologica.
Un gruppo di esperti (INSERM, 2019)8ha elaborato le seguenti raccomandazioni che, sebbene specifiche per ogni malattia, concordano sull’attività fisica adattata svolta con frequenza trisettimanale:
- prescrivere attività fisica per tutte le malattie croniche studiate e includerla nel percorso di cura;
- adattare la suddetta prescrizione alle caratteristiche individuali del paziente ed alle sue condizioni cliniche;
- strutturare il percorso di cura del paziente ed incoraggiare l’esecuzione di attività fisica in tutte le fasi della malattia;
- adottare un approccio educativo che stimoli nel paziente un impegno verso un progetto di attività fisica a lungo termine;
- educare i medici alla prescrizione dell’attività fisica;
- informare gli esperti nel settore del fitness sulle caratteristiche della malattia e sull’inclusione dell’attività fisica nell’intervento medico;
- promuovere la ricerca sul rapporto rischio/beneficio, sull’aderenza all’attività fisica a lungo termine, sulle condizioni necessarie per mantenerla e sui metodi di integrazione dell’attività fisica nel percorso di cura.
Alla luce delle succitate recenti evidenze in ambito scientifico è ormai chiaro come ogni figura operante in ambito sanitario non possa esimersi dal riservare massimo impegno nelle politiche di promozione di stili di vita salutari, considerando in particolar modo l’attività fisica parte preponderante dei percorsi di cura e prevenzione.
Bibliografia
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- INSERM (2019,Febbraio 14).Physical activity, prevention and treatment of chronic diseases – A collective expert review by Inserm. Tratto da INSERM PRESS ROOM:https://presse.inserm.fr/en/francais-activite-physique-prevention-et-traitement-des-maladies-chroniques-une-expertise-collective-de-linserm/33622/
Legenda delle figure
- FIGURA 1: Arch G. Mainous III, PhD, Rebecca J. Tanner, MA, Kiarash P. Rahmanian, MPH, Ara Jo, PhD, and Peter J. Carek, MD, MS. Effect of Sedentary Lifestyle on Cardiovascular Disease Risk Among Healthy Adults With Body Mass Indexes 18.5 to 29.9 kg/m2. Am J Cardiol. 2019 Mar 1;123(5):764-768.
- FIGURA 2: Laura F. DeFina, MD; Nina B. Radford, MD; Carolyn E. Barlow, PhD; Benjamin L. Willis, MD, MPH; David Leonard, PhD; William L. Haskell, PhD; StephenW. Farrell, PhD; Andjelka Pavlovic, PhD;Katelyn Abel; Jarett D. Berry, MD; Amit Khera, MD, MSc; Benjamin D. Levine,MD. Association of All-Cause and Cardiovascular Mortality With High Levels of Physical Activity and Concurrent Coronary Artery Calcification.
- FIGURA 3: Erik Prestgaard, MD; Julian Mariampillai, MD; Kristian Engeseth, MD; Jan Erikssen, MD, PhD; Johan Bodegård, MD, PhD; Knut Liestøl, PhD; Knut Gjesdal, MD, PhD; Sverre Kjeldsen, MD, PhD; Irene Grundvold, MD, PhD; Eivind Berge, MD, PhD. (Stroke. 2019;50:00-00. DOI: 10.1161/STROKEAHA.118.021798.).
- FIGURA 4: Yaakov Stern, PhD, Anna MacKay-Brandt, PhD, Seonjoo Lee, PhD, Paula McKinley, PhD, Kathleen McIntyre, LCSW, Qolamreza Razlighi, PhD, Emil Agarunov, BS, Matthew Bartels, MD, MPH, and Richard P. Sloan, PhD. Effect of aerobic exercise on cognition in younger adults – A randomized clinical trial. Neurology, published online January 30, 2019.
Figura 1- Differenze del rischio cardiovascolare tra normopeso con indicatori di salute positivi,
normopeso in assenza di indicatori di salute positivi e sovrappeso.
Figura 2- Mortalità cardiovascolare e per tutte le cause in 21.758 uomini generalmente in salute
suddivisi per livelli di attività fisica e presenza di CAC.
Figura 3- Curve di sopravvivenza in gruppi con differente fitness cardiorespiratorio. Hazard ratio (HR) dall’analisi di
regressione Cox, adattata per età al baseline, pressione arteriosa sistolica a riposo, fumo, colesterolo totale, BMI, frequenza cardiaca a riposo, pressione ematica sistolica massimale durante esercizi e fitness cardiorespiratorio
Fig.4 Variazioni nelle funzioni esecutive