C’era una volta una Fisiatra che, dopo aver ricevuto una mail con una Newsletter in cui si faceva riferimento ad un sito il cui nome era Fisiatria Italiana, iniziando a sbirciare tra le pagine di tale sito, trovò un articolo che la incuriosì ed iniziò a leggere.
Lo studio professionale: è il luogo in cui il singolo professionista esercita la propria attività professionale in maniera autonoma. Lo studio professionale può essere aperto con la comunicazione al Sindaco previa auto dichiarazione di svolgere esclusivamente in proprio l’attività professionale senza l’ausilio di mezzi e di personale. L’attività professionale deve assumere carattere di assoluta personalità non essendo consentito l’esercizio della stessa tramite un’organizzazione anche minima che travalichi il rapporto professionista/paziente. In questo senso non è consentita la presenza di dipendenti fissi che svolgano attività similare a quella di un centro di prenotazione. Inoltre non è altresì consentita la presenza all’interno dello stesso studio di altri professionisti che travalichino il rapporto uno a uno professionista/paziente. Nello studio professionale non è assolutamente consentito l’utilizzo di dispositivi medici che richiedano il rispetto della normativa di cui al DPR 14/01/97 requisiti minimi strutturali, organizzativi e tecnologici. Dal punto di vista strutturale lo studio deve avere un numero di locali che siano strettamente necessari per l’esercizio della propria professione individuale nei confronti del singolo paziente. In questo senso non è consentito l’utilizzo di palestre, spazi destinati al trattamento contemporaneo di più pazienti, pluralità di box.
Lo studio professionale del professionista sanitario della riabilitazione: fermo restando il rispetto dei principi e dei requisiti sopra descritti, nell’esercizio della propria attività professionale il professionista sanitario della riabilitazione è tenuto, nell’espletamento delle sue prestazioni, al rispetto dei limiti derivanti dal proprio profilo professionale. In particolare, la possibilità di esercizio da parte del professionista sanitario della riabilitazione è limitata “in riferimento alla diagnosi e alle prescrizioni del medico”. Pertanto, il professionista sanitario della riabilitazione dovrà svolgere i trattamenti di sua competenza solo ed esclusivamente entro i confini della diagnosi formulata dal medico e delle prescrizioni di cura da questo stabilite. Come per lo studio professionale del medico, il professionista sanitario della riabilitazione non potrà utilizzare alcun dispositivo medico che, oltre a comportare rischi per la salute del paziente, necessiti per la sua presenza ed il suo esercizio nello studio che quest’ultimo rispetti tutti i requisiti di cui al D.P.R. 14.01.1997. Come nello studio medico non è consentita la presenza contestuale di altro sanitario medico o professionista sanitarie della riabilitazione, anche nello studio professionale del professionista sanitario della riabilitazione vale il medesimo divieto. Infatti l’eventuale compresenza di altri soggetti configurerebbe necessariamente la sussistenza di un Ambulatorio di Medicina Fisica e Riabilitativa. In questo caso infatti non è più possibile configurare l’espletamento di una attività professionale resa in forma individuale, nel rispetto dei confini del relativo profilo professionale. Si è in presenza dell’Ambulatorio, pertanto, quando la struttura in cui si svolgono prestazioni di carattere sanitario è caratterizzata dalla complessità dell’insieme delle risorse (umane, materiali ed organizzative) utilizzate per l’esercizio delle attività. La violazione anche di uno solo dei precetti sopra esposti comporterà l’impossibilità di far rientrare la struttura del sanitario nell’alvo dello studio professionale, configurandosi la diversa fattispecie dell’ambulatorio di Medicina Fisica e Riabilitativa con la conseguente necessità della previa autorizzazione regionale e quindi del pieno rispetto della normativa che disciplina l’apertura e l’esercizio dell’Ambulatorio.
Rileggendo a distanza di anni queste righe e sapendo che nel marzo del 2018, è uscita la sentenza n. 29667 dalla Cassazione penale sez. VI (N.B. a Marzo saranno trascorsi ben TRE anni!!!) la quale sostanzialmente non fa altro che ribadire i concetti espressi dal Dott. UIiano con tanta chiarezza nell’articolo, due sono le emozioni (contrastanti) che emergono:
1. la profonda e cupa tristezza nel constatare che nulla è stato fatto per concretizzare quanto definito chiaramente nella Sentenza, di cui sarebbe stato utile far tesoro per mettere finalmente in chiaro ruoli, competenze e limiti nelle professioni riabilitative, sia Mediche sia Tecniche;
2. la gioiosa consapevolezza che, la lettura di quell’articolo mi ha aperto un nuovo panorama in cui ho avuto l’opportunità di incontrare Colleghi con la “C” maiuscola, che probabilmente si mettono meno di altri sotto i riflettori dello Showbusiness Riabilitativo, ma non per questo hanno uno spessore minore: ANZI, tutt’altro. E altrettanto gioiosa è la consapevolezza di aver riconosciuto ahimè anche il vero volto di altri colleghi i quali, una volta spenti i riflettori, dimostrano di essere ormai solo esclusivamente attaccati alla poltroncina che occupano. Nelle loro vene, l’animosità che caratterizza i Riabilitatori, quelli veri, quelli che “ci” credono da sempre e “ci” credono ancora, è stata sostituita dalla “Sindrome del politico”: quadro clinico largamente diffuso nel nostro Paese, che raramente si risolve con una restitutio ad integrum.
Ci amareggia infatti dover riconoscere che purtroppo nulla è cambiato da quando sono state scritte le parole di Uliano e la conferma della Consulta di Stato: i Fisiatri che lavorano sul territorio nel mondo privato, accreditato o meno, continuano a dover combattere con una burocrazia soffocante e con l’onere di costi sempre maggiori, tuttavia indispensabili per mantenere gli standard richiesti dagli accreditamenti. Al contrario, qualsiasi tecnico della riabilitazione può inaugurare nel locale accanto uno studio di Fisioterapia, dove il Fisiatra o qualsiasi figura Medica sono inesistenti, dove vengono ignorate leggi e normative ma ci si arroga impunemente la diagnosi di disabilità e la prescrizione di trattamenti, o addirittura di esami di diagnostica e terapie farmacologiche. Ma dormite sonni tranquilli, chè tanto nessuno organo ufficiale verrà a disturbare un’attività impropria anche se, dopotutto, maschera un abuso della professione medica.
Però noi siamo Fisiatri, di quelli che “ci” credono ancora, e quindi, dopo un 2020 che ha tradito le aspettative che in molti vi avevamo riposto, vogliamo esprimere fiducia ed ottimismo nei confronti del 2021 che verrà. E chissà che proprio dal 2021 non partano finalmente iniziative per riconoscere, contenere questi abusi e restituire ad ogni singolo Professionista della Sanità la dignità che compete loro.
Buon 2021 a tutti !
Sono d’accordo con te dott.ssa Ottaviani:ci stiamo in qualche modo “appiattendo” all’erosione continua della specialità di fisiatria che rimane ,come ai miei inizi, nel limbo; sito oramai neanche più riconosciuto,come tale,dalla nostra Chiesa .
Un caro saluto G.Mele
Tristemente constato che sono passati tre anni dalla sentenza della Cassazione e nulla è cambiato,nessuna delle nostre Società Scientifiche ha promosso una sensibilizzazione di massa sia nei confronti dell’utenza che nei confronti dei MMG e tantomeno hanno svolto pubblica e massiccia azione di stimolo nei confronti delle autorità pubbliche preposte al controllo. Forse,a questo punto,varrebbe la pena di agire in modo individuale scavalcando le paludate strutture e organizzarsi in gruppi di pressione denunciando quanto in essere. Chi sa come fare e quali strumenti adoperare si palesi .