Una bella mattina di ottobre, fresca ma non troppo, arrivo a scuola e… capisco che era arrivato il momento di conoscere il momento buio, nero, nerissimo di quella nuova esperienza iniziata da poco più di un mese. Provo ad avvicinarmi perché vederlo lì, da solo e piegato su se stesso proprio mi faceva male. I suoi occhi esprimevano, molto meglio delle parole tutto il male che aveva in quel momento, provo a parlargli a voce bassa e a capire, fortunatamente lui si presta a tirare fuori cosa stava succedendo e mi fa capire che una mano sulla spalla lo aiutava.
Questo è solo un episodio avvenuto con uno dei miei ragazzi ma di simili ne ho altri, non li descrivo tutti perché tutti, nella loro diversità hanno un unico bisogno, cioè essere capiti ed empatia.
Ho avuto la fortuna di seguire più ragazzi autistici, età diverse, scuole e gradi diversi, caratteristiche completamente diverse. I diversi anni sono stati caratterizzati da diverse sfaccettature e dai loro successi ma la cosa più importante e che mi ha veramente aiutato è stato l’avermi accettata, l’avermi fatta entrare nel loro mondo e l’avermi chiesto aiuto per uscire dal loop. Qualcuno mi ha descritto il suo “loop” per fami capire cosa succedeva nella sua testa, ed era la sua frase d’aiuto, qualcun altro mi ha descritto il suo ragionamento paragonandolo ad una serie di finestre e porte, in giro per la testa, di diverse dimensioni e forme, ogni pensiero è lì dentro ma a volte sono troppe e fa fare confusione.
AUTISMO questo è il termine dato.
ICD-10 = Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati. 10 sta perché è la decima revisione di ICD adottata nel 1990 dall’Assemblea Mondiale della Sanità (WHA) ed è in vigore dal 1 Gennaio 1993.
Ogni disturbo, difficoltà, sindrome è indicata con un codice…
F 84.0 Autismo Infantile; F 84.1 Autismo atipico; F84.2 Sindrome di Rett; F84.3 Sindrome disintegrativa dell’infanzia di altro tipo; F84.4 Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati; F84.5 Sindrome di Asperger.
Sulla diagnosi funzionale è indicato il o i relativo/i codice/i e la descrizione. Quando e quanto abbiamo sentito e sentiamo parlare di autismo, di Asperger, di tratti autistici…
AUTISMO, un nome che giustamente spaventa al quale non si è mai preparati, un nome che dice tutto e non dice niente, perchè ogni persona è diversa e ogni persona autistica è diversa.
ASD: disturbo dello spettro autistico caratterizzato da deficit nell’interazione e nella comunicazione sociale, da comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi. L’autismo è un disturbo del neurosviluppo: tutto lo sviluppo della persona ne è influenzato per l’intero arco della propria vita.
Purtroppo, questi deficit possono esprimersi anche attraverso comportamenti problematici, con l’aggressività verso di sé o verso gli altri, rendendo ancora più difficile la qualità della vita della persona con autismo, dei suoi familiari e chi interagisce con lui, ancora più complessa si presenta l’autonomia della persona e la sua gestione.
Il disturbo dello spettro autistico si può manifestare in modo estremamente differente e vario nelle diverse persone. Nel quadro diagnostico è possibile osservare un’ampia variabilità comportamentale che può interessare, tra gli altri, il funzionamento intellettivo e adattivo, le capacità comunicative-linguistiche, le competenze sociali e relazionali.
Spesso si parla di disturbi dello spettro autistico o autismi al plurale poichè l’autismo non ha un’unica causa nota. Le ultime ricerche mettono in evidenza che le diverse cause della sindrome sono da ricercare nella possibile interazione tra fattori genetici, biologici e chimici esterni.
Come tutti gli studi effettuati non mostrano una relazione causale tra le cure genitoriali o l’utilizzo dei vaccini e lo sviluppo della sindrome dello spettro autistico.
Pedagogicamente nell’autismo si cerca di parlare di un approccio calibrato, considerando la traiettoria del bambino, il suo modo di essere e inserendolo in un sistema di relazione sociale, affettive e culturale. A tal proposito faccio riferimento ad alcuni autori:
Simon Baron Cohen parla di cecità mentale dei soggetti autistici ovvero sulla incapacità di attribuire degli stati mentali all’altro (desideri, pensieri) che sarebbe il deficit della lettura della mente che dà senso comunicazione quindi alla basa del disfunzionamento autistico.
In diversi anni, nella mia esperienza come insegnante di sostegno ho avuto la possibilità di lavorare con bambini e con ragazzi autistici ad alto e a basso potenziale, con forti forme di stereotipie e con tratti comportamentali aggressivi. Dalle loro diversità e dal loro mondo ho imparato a mettere in pratica alcuni comportamenti che davo per scontato ma che ho dovuto modificare per le loro esigenze, ho potuto accertare l’efficacia di alcune strategie ma soprattutto ho conosciuto delle parti interiori bellissime! Non è facile comprendere e non sempre si comprende il loro ragionamento non perché sia strano o sbagliato ma perché hanno un modo di vedere, interpretare, comprendere e comunicare diverso dal nostro e purtroppo a volte accade che in noi ci siano delle rigidità che rendono tutto più difficile.
In alcune teorie ho riscontrato alcune caratteristiche che condivido pienamente, soprattutto perché ho avuto l’opportunità di sperimentarle. Ad esempio, nella teoria di Dawson e Brigitte Harrison emerge che l’autismo non è un disturbo né una patologia ma un modo diverso di funzionare e di essere. Sottolineano alcuni elementi importanti come l’ambiente strutturato con punti di riferimento stabili e regolari, nelle situazioni di sovraccarico sensoriale il soggetto autistico può avere la percezione di perdere totalmente i confini del proprio corpo, conseguentemente è fondamentale dosare bene il tipo di percezione sensoriale alla quale è sottoposto il soggetto.
Considerando Mottron capiamo come esamina gli autisti, cioè come una minoranza che costituisce il mondo vario della specie umana e non come dei malati, le persone autistiche utilizzano gli strumenti culturale e sociali a modo loro e possono anche rielaborarli in modo originale per stare con il mondo e nel mondo per loro particolare.
A questo punto, mi sembra giusto, sottolineare che chi entra in relazione con loro, cioè i genitori, gli insegnanti, gli educatori, i terapisti… devono essere consapevoli dell’importanza della capacità dell’autocontrollo, devono assumere un atteggiamento di apertura e accoglienza.
Le modalità educative, devono essere stimolanti e specifiche ai bisogni e alle competenze della persona autistica. Per permettere che ciò risulti efficace bisogna sapere cosa sa e può fare, solo successivamente si sarà in grado per proporgli attività stimolanti e diverse. Contemporaneamente è necessario lavorare molto sulla parte comunicativa e sul contatto visivo: stabilire e mantenere un contatto oculare e spronarlo a fare altrettanto. Le attività devono essere pianificate, strutturate in modo chiaro e in anticipo in modo da prepararli e non essere una novità.
Tutto questo deve essere fatto rispettando i suoi tempi e senza chiedere troppi cambiamenti improvvisi.
Con gli autistici è importante favorire una distinta educazione alle emozioni e creare situazioni in cui possano sentirsi liberi di dare un nome alle proprie emozioni e gestirle poiché possono avere difficoltà a comprendere e comunicare i propri stati d’animo.
Diamo un’occhiata agli apprendimenti, sappiamo che ogni studente possiede bisogni personali diversificati e specifici, perché ognuno ha un proprio stile di apprendimento peculiare e dei propri canali comunicativi preferenziali. Proprio per questo è evidente l’esigenza di adottare metodi di insegnamento che garantiscono a tutti gli allievi il raggiungimento dei traguardi scolastici significativi e soddisfacenti e consolidare le competenze.
La differenziazione didattica, se svolta bene e in modo consapevole ed efficace, può essere la chiave di accesso per permettere a ogni allievo di raggiungere i migliori risultati possibili sul piano delle conoscenze, delle abilità e delle competenze.
Purtroppo, in molti contesti scolastici l’esperienza di inclusione è ancora lontana dal realizzarsi pienamente e alla base del processo inclusivo c’è il concetto di differenziazione didattica, il tutto con il supporto di un ambiente educativo in cui vengano soddisfatti i suoi bisogni specifici e gli permettano di affrontare l’esperienza attraverso la predisposizione.
Riuscire a rispondere ai diversi bisogni individuali degli allievi andando oltre al tradizionale programma didattico non è facile e sono molto importanti le strategie didattiche utilizzate dagli insegnanti, in particolare, alcune, sono in grado di influenzare positivamente l’apprendimento, riporto alcuni esempi:
- Proporre i materiali in forma verbale, visiva e multimediale;
- Utilizzare storie e racconti;
- Suggerire la comprensione di un concetto astratto attraverso una varietà di esempi che conosce o esperienze concrete;
- Delineare, integrare, schematizzare e sintetizzare le informazioni per consentire un migliore apprendimento;
- Devono essere riconosciute e valorizzare sempre le differenze degli studenti, ciò permette di impostare l’attività didattica sulle esigenze specifiche di ciascuno.
Ogni autistico è diverso, io li definisco come ognuno di loro è un colore e come tutti i colori ha diverse sfumature non sempre comprensibili perché anche noi siamo diversi per loro e incomprensibili ma noi abbiamo il compito di capire e di entrare nel loro colore. Capirli non significa giustificarli, capirli significa guidarli e collaborare!
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