A metà del mese di settembre viene a visita il sig. C. G, di 72 anni, riferendo di essere stato operato nel febbraio del 2020 di PTA ginocchio sinistro in seguito a patologia degenerativa artrosica. La sintomatologia che ha portato il paziente a sottoporsi a visita ortopedica era caratterizzata da gonalgia sotto sforzo e limitazione funzionale attiva a carico della medesima articolazione, algia alla coscia ed all’inguine omolaterale, sfumata zoppia a sinistra. Riferiva di essere stato sottoposto a fkt nell’immediatezza dell’intervento con beneficio. Il motivo del controllo a distanza era la persistenza della zoppia e della sintomatologia algica a carico della coscia sinistra. Il paziente lamentava anche qualche difficoltà nel vestirsi, ed in particolare nell’indossare calzini e scarpe, ed una lieve ipometria a carico dell’arto operato. Tuttavia, malgrado le riferite limitazioni, il paziente era autonomo: deambulava autonomamente, guidava, aveva trascorso l’estate andando regolarmente al mare, camminando sulla spiaggia e nuotando senza grosse difficoltà. In anamnesi risultava anche un vecchio trauma diretto all’anca sinistra del novembre 2019.
Il paziente giungeva a visita deambulando con appoggio monolaterale a destra ma riusciva anche a deambulare senza appoggio seppur, in tale occasione, si evidenziasse in modo chiaro la riferita ipometria. Il ginocchio operato si presentava fresco e asciutto, con articolarità attiva possibile da 0° a +100°. Non dolore era riferito alla mobilizzazione di rotula ed il deficit di forza residuo a carico dei muscoli attivatori di ginocchio era pari a 4/5 sulla scala MRC. La presenza di zoppia, ipometria, dolore inguinale e alla coscia sinistra poneva indicazione ad eseguire un esame obiettivo anche a carico dell’anca omolaterale. L’articolazione presentava limitazione funzionale dolente nelle rotazioni ed in flessione, oltre ad un deficit di forza quantificabile in 3+/5 sulla scala MRC.
Considerato il quadro anamnestico ed obiettivo si considerava indispensabile un’integrazione diagnostica con rx bacino x 1 sotto carico ed rx articolazione coxo-femorale sinistra che evidenziava un pregressa frattura sottocapitata del femore sinistro con cranializzazione del frammento diafisario.
Il caso appare interessante perché il paziente ha condotto una vita pressoché normale per più di anno dopo un trauma che ha provocato una frattura sottocapitata.
Nei manuali le fratture del femore vengono classicamente distinte in fratture mediali, ovvero fratture che riguardano sostanzialmente il collo anatomico (fratture sottocapitate, al di sotto della testa) e fratture dei massicci trocanterici. La distinzione fra questi due tipi di fratture è dovuta al tipo di vascolarizzazione che si ha nell’epifisi femorale: la gran parte della vascolarizzazione riguarda i massicci trocanterici mentre all’epifisi vera e propria sono dirette soltanto piccole arterie che forniscono quindi un modesto apporto vascolare per una zona che tanto piccola non è; altro apporto vascolare arriva dal legamento rotondo tramite un arteriola che molto spesso è già compressa anche senza la presenza di traumi, quindi complessivamente l’epifisi prossimale vera e propria riceve poco sangue. Queste fratture sono dunque a più alto rischio di interruzione dei vasi retinacolari quindi hanno un più alto rischio di necrosi vascolare e di pseudoartrosi (ossia la mancata consolidazione anche circa dopo un anno dall’evento traumatico).
Ancora più singolare, quindi, appare che il frammento della testa non abbia subito un processo di necrosi.
Al momento il paziente, sottoposto a PTA anca sinistra il 28-09 scorso sta bene, è in trattamento riabilitativo e sta rapidamente recuperando l’autonomia.